22.12.14

Basic instints

Venerdì eravamo all'ultima riunione di lavoro dell'anno.
La nostra capa, dopo non so quanti anni, se ne va in pensione.
Quindi è stata la sua festa d'addio.
Di solito rifuggo queste occasioni mondane.Quest'anno però i miei colleghi li ho visti a malapena.
Ho avuto la gran botta di fortuna di avere un'aula tutta mia, dove lasciare tutti i miei materiali e anche cibo, vestiti di ricambio, robe per i baratti. È stato il mio regno e la mia vita è stata molto più facile.
Non solo per l'indubbia praticità di non dovermi spostare di qua e di là con libri, scatoloni, fogli, poster. Ma anche perché per 4 mesi ho vissuto fuori dal mondo dei pettegolezzi fra colleghi, litigate, arrabbiature.



Sto vivendo questa strana (e spero duratura) fase della mia vita in cui sono molto zen, e ieri alla riunione a sentire cose dette e ridette (sui nostri stipendi, sul riconoscimento della nostra professionalità, su ciò che si avvicina) un collega sopreso mi ha detto: ma perché non ti preoccupi?
Ecco, io non mi preoccupo più. 
Sono 8 anni che lavoro in quel posto, ne ho sentite di tutti i colori, abbiamo vissuto tantissime fasi, ma in mio potere effettivamente ci sono le mie classi, al massimo i libri che usiamo, gli esami che prepariamo. Non è in mio poter cambiare l'edificio in cui lavoriamo, né il mio contratto. Posso decidere più o meno con chi lavorare e indirizzare i miei alunni in un certo modo, usando un certo metodo. Controllo ciò che posso controllare, per il resto mi informo, ci ragiono, ma non mi lamento, non mi perdo più in chiacchiere.

Così ho tempo di fare tante altre cose e mi risparmio un sacco di mal di testa.
Fatto sta che all'aperitivo di addio ho pure riso e mi sono divertita. Quelli del catering mi avevano proposto insalata con tonno, burrata, couscous fatto con il burro. Credevano vegano e vegetariano fossero la stessa parola, e che il tonno fosse una pianta. Poi alla fine hanno rimediato con cetriolini, carciofini, pomodorini, asparagi e 3 patate al forno. E va bene così.

Oggi una mia amica mi ha annuciato che ha il cancro.
Non sono ancora pratica con whatsapp e mi sono arrivati tipo 50 messaggi di botto, in una conversazione in cui era inclusa anche un'altra amica. Li ho letti a ritroso, assimilando la notizia al contrario, confusa fra altri pezzi di informazione.
Tanti malati in giro, tanti giovani malati in giro.
Tocca prendersi cura di se stessi.
Proprio in questi giorni, come da tradizione, rifletto su questo 2014 che è stato e il bilancio è nettamente positivo, ma forse la saggezza dei quasi 40 anni mi rende più evidente dove sono i miei difetti e i campi da migliorare.

Mi pare però di aver trovato la giusta direzione.

Per ripagare questo karma tanto buono, io e Marghe abbiamo regalato alla vicina i soldi per vaccinazioni e biglietto aereo per il suo cane. Se ne va dalla Spagna e se ne torna a Panama. Non sappiamo esattamente cosa le sia successo, ma l'ho incontrata in cortile che piangeva, al pensiero di dover lasciare qui Flor. Non è una persona ricca, lavora in fabbrica, non so come sia arrivata in Spagna, ma di tutti i vicini è l'unica che si ferma a chiacchierare, ci regala verdure perché una volta abbiamo tenuto a casa Flor, la cagnolina, che era riuscita a scappare da una finestra e io l'avevo ritrovata. Aiutare una conoscente, senza aspettarsi nulla. Ci si sente proprio bene.
L'ho fatto anche in ricordo della nostra Aika, sarà il nostro primo Natale senza di lei, senza sentirla ticchettare con le unghiette sul pavimento di marmo o ronfare placida, spaparacchiata di qua edi là.
C'è però Aura, che mi aspetta fra i canetti di www.lunadiformaggio.com





E per concludere con una nota più giocosa, quest'anno in valigia con me un ospite d'onore.
Parto per Roma fra poche ore e con me verrà il Señor Caganer, caratteristica figurina del presepe, orginariamente catalana, ma ora diffusa un po' ovunque, raffigurante un uomo che ... Beh, non c'è bisogno che io lo dica!
Questo personaggio rappresenta la fortuna e la fertilità della terra, e ci ricorda che in fondo gli istinti fondamentali di tutti noi sono gli stessi, e superano le classi sociali, la nazionalità, i sessi.
Ecco, ripensiamo un po' ai nostri desideri di base, essere sani, stare bene in famiglia e con gli amici, godersi i piccoli piaceri quotidiani.



Buone feste a tutti.










12.12.14

In tempo di crisi ...

Da quando ho raccontato ai miei alunni dei miei Cuidadín (i disegnini scemi sui malintesi fra italiani e spagnoli, li trovate su facebook qui, o su Twitter qui o anche su Pinterest qui) è scattato qualcosa nei loro cervellini.

Io in classe cerco sempre di far capire che imparare una lingua non è solo memorizzare una sfilza di parole e regolette, ma è diventare altro da sè, vestire una nuova pelle, avere un'anima diversa, porsi secondo regole proprie della nuova cultura.

Cerco sempre di far notare le differenze culturali, i dettagli che ci rendono ciò che siamo. Però a quanto pare disegnare queste scene con la destrezza di una bimba di I elementare è servito di più che tanti anni di spiegazioni e discussioni. E io non insegno neppure più italiano. 

Così ora spesso sono loro in classe che mi tirano fuori dettagli folkloristici, specchio però della cultura spagnola e del modo di affrontare la vita da queste parti.
Io prendo appunti su fogli volanti, che perdo e ritrovo in giro per la classe, e così mi viene in mente di parlarvi di ...

EL COBRADOR DEL FRAC.

Ora, non so se in Italia esista qualcosa di simile, io però non l'ho mai visto.
Se mettete le suddette paroline su google, vi verranno fuori pagine e pagine, ma a quanto pare l'unico vero ed originale è questo www.elcobradordelfrac.com

Trattasi di un'azienda recupero crediti e morosità, che sguinzaglia i suoi scagnozzi in giro per le città, vestiti con un frac e bombetta o tuba (ma anche in modo più ridicolo o particolare, da Pantera Rosa o da Zorro per esempio, o addirittura da monaci con il saio neronero) e punta sulla pubblica vergogna e ludibrio per recuperare i soldi dovuti.

Si gioca insomma con la pressione psicologica, usando sopraffine tattiche di pubblica umiliazione: el cobrador si presenta a casa e se non gli apri, aspetta paziente e ben in vista, perché anche le macchine dei cobradores non passano certo inosservate.
Il cobrador ti perseguita, al lavoro, in giro per la città, in palestra.
Il cobrador ti chiama al telefono, a tutte le ore, invade la tua privacy e si becca denunce su denunce per diffamazione, ma pare che in quest'epoca di crisi sia una professione molto in auge.

Il cobrador può essere assoldato da chiunque sia stufo di aspettare di essere pagato e voglia accellerare i tempi, puntando proprio sull'importanza che in Spagna si da alle apparenze e a cosa penserà la gente.

Il tutto viene realizzato proprio al limite della legalità e ci sono fior di avvocati, interessati, vittime e fiumi di parole su internet per cambiare la legislazione in Spagna ed eliminare questo tipo di aziende ... ma per ora i cobradores non mollano.

Io pensavo che a fare questo lavoro fosse gente senza formazione, buttafuori dal completo Armani, avanzi di galera con la voglia di fare a cazzottoni, invece pare che ora gli aspiranti cobradores siano laureati in giurisprudenza, espertissimi in cosa possono e non possono fare, allenati al ricatto psicologico e probabilmente anche ai 100 metri in 5 secondi per fuggire da clienti inferociti.

Tutto questo mi fa pensare che viviamo in una società assurdamente malata, perché nella maggior parte dei casi 'sti cobradores vanno a riscuotere debiti fatti per pagare un banchetto di nozze extra lusso, o un macchinone nuovo che qualcuno non poteva permettersi o tanti altri vizi a cui la gente non sa più rinunciare.

Spesso sento colleghi o conoscenti lamentarsi dei nostri stipendi, però poi eccoteli con un nuovo cappotto, meches colorate, un altro cellulare, scarpe, vestiti, viaggi, cene. E ti credo che poi non avete soldi, belli miei, c'avete le mani bucate.
E ora che proprio per Natale  invece di darci la tredicesima ci leveranno 600 euro (per un piano di 'risparmio' dell'università approvato a maggio) mi sa che il cobrador del frac lo incontrerò nei corridoi dell'edificio in cui lavoro a caccia di qualcuno dei miei colleghi spendaccioni.

6.12.14

Succede in classe 1



Ho deciso di aprire questa rubrica di momenti tragicomici in classe, di solito li scrivo su facebook, ma finiscono persi fra le mille cose del mio muro, invece così, cari colleghi professori, quando vorrete morire, potrete sempre venire qui a ridere alla faccia mia ...

XXXXXXXXXX GIORNALIERA PORNOGRAFIA XXXXXXXXXXXXX

Classe di quasi pensionati. Inglese iniziale, che più iniziale non si può.
Stavamo vedendo i contenitori e contenuti.
Che significaaaaaa ...

A glass of wine = un bicchiere di vino.
A bottle of water = una bottiglia di acqua.
A box of chocolates = ?

Niente, nessuna risposta.
Faccio la mimica di box e di io che mi ingozzo di cioccolatini.
Sassi? Patatine? Biscotti?
Voglio morire. Sto sudando le 7 camicie. Con questa classe mi devo sgolare.
I neuroni rantolano.
C'hanno 60 anni e pare la prima elementare.

Lampo di genio, decido di farglielo indovinare in un altro modo:
Forrest Gump said life is like a box of chocolates ...
Spero che così lo capiscano.

Mi guardano ancora come se fossi l'aliena che sputacchia strane vocali.
Nun ce la faccio più, mi do per vinta. Faccio ciò che non vorrei fare mai.
TRADUCO.
E con una voce fra l'invasata e il condannato al patibolo grido in spagnolo:
lo que decía Forrest Gump, que la vida es una caja de CONDONES.

Lo dico e vorrei morire davvero, fulminata istantaneamente, mazzata da un dizionario fra capo e collo.
Cioccolatini = bombones
Preservativi = condones

Ho sbagliato parola!

Scoppiano a ridere tutti, e io con loro. Ma talmente tanto, talmente tanto, che mi cominciano a uscire le lacrime. Tantissime lacrime. Quasi mi strozzo. Bevo e mi esce l'acqua dal naso. Devo uscire dalla classe perché rischio il soffocamento.

Ecco, dopo quel giorno là non li ho più potuti trattenere, ogni scusa era buona per un po' di pornografia spicciola.

XXXXXXXXXX LA SIMBOLOGIA DEI SUONI XXXXXXXXXX

 Io amo la fonetica, quindi in classe facciamo spesso esercizi di pronuncia e con i simboli.
Insegno inglese a spagnoli, quindi è parecchio utile.
Oggi uno studente mi fa:

Cecilia, però questi simboli che hai inventato io non li capisco. Cioè, a che servono? Insomma, quando scrivo come devo scrivere?

Lo guardiamo tutti interdetti.

Lui continua: sì, questo alfabeto strano, insomma, ora mica mi posso mettere a imparare come scrivere un'altra volta.

Ci ho messo un paio di minuti a capire che 'sto tipo, da ottobre a oggi pensava che la fonetica fosse una nuova calligrafia. Inventata di sana pianta da me.

XXXXXXXXXX ALCOLISTI ANONIMI XXXXXXXXXX

Io: Cosa bevono gli italiani a colazione, ragazzi?

Alunna: Limoncello!

Altro alunno: no, il limoncello no, che è alcolico!

Alunna (sorpresissima): Alcolico? Noooooooo! Macché! Lo prendi a colazione e fa benissimo, me lo ha detto un amico, un bicchierino di limoncello caldo e cominci la giornata con tanta energia.

Ecco, magari a volte imparare le lingue è utile per capire la differenza fra succo di limone e limoncello. Il fegato ringrazia.





28.11.14

La Dolcevita

Io, nei miei peregrinaggi per il mondo, ho sempre vissuto con stranieri.
Gente del posto o altri giramondo come me, ma con italiani non ci avevo vissuto mai per lunghi periodi. Al massimo per 3 mesi, con Sara, tanti anni fa, ma in genere ero dell'idea che non mi andava di rinchiudermi in una comunità di italiani, preferivo la varietà.

Poi l'anno scorso, dopo i mesi terribili con le zozzone e le pazze furiose, - e dopo anni di esperienze che avevano duramente provato la mia pazienza - ho deciso di darmi un'ultima opportunità di convivenza, ed è arrivata Margherita (soprannominata Dolcevita). 



E molte cose sono cambiate, in primo luogo la mia tranquillità e stabilità mentale.
E poi condividendo una cultura comune di base, ecco che:

- parliamo tutte e due italiano e tutte e due spagnolo, e allora ora che lei è qua da più di un anno, comunichiamo in un mix accozzaglia, tipo: buttare la basura (mondezza), preparare la sopa (zuppa), mettere la lavadora (lavatrice). E quando torneremo in Italia per Natale che faremo? Chi ci capirà? In quanti penseranno che siamo delle analfabete?

- si esce per andare al supermercato e e si chiede all'altra: ricompro il sapone intimo, serve anche a te? Perché infine si può idolatrare di nuovo il bidè con qualcuno che ti capisca. Ce ne abbiamo addirittura due in casa, uno per una (perché ovviamente la terza coinquilina autoctona non lo usa).



- si ascoltano trashate musicali come se non ci fosse un domani: ultima in linea di gradimento Cicale, Cicale di Heather Parisi, accompagnata da e io che sono Carletto, l'ho fatta nel letto ...  cantiamo pure canzoni dello Zecchino d'Oro.

- casa nostra odora sempre di minestrone o di sugo. I condomini spagnoli secondo me odorano di fritto o peggio ancora di fritanga (fritto, strafritto, in olio usato e strausato), invece quelli italiani per me odorano sempre di minestrone. Poi in Italia le mamme italiane cucinano pure di prima mattina, quindi i bimbi arrivano a scuola alle 8 che odorano già di cibo. In Spagna si mangia più tardi e le mamme spagnole hanno tempo di tornare dal lavoro e cucinare. Noi mangiamo a orario nonnette italiane, prima dell'una stomaco pieno e piatti già lavati.
Mandiamo anche il forno a tutta callara, per risparmiare sull'elettricità e data la quantità di cibo che il nostro stomaco può ingurgitare, ultimamente le domeniche sono festival del plumcake e della lasagna e torta rustica.

 
 


- abbiamo avuto entrambe una regressione all'infanzia-adolescenza. Non mi era mai successo con coinquilini di altre nazionalità. Quando ero alle elementari ero cattivissima, e nottetempo nascondevo calzini o mutande nello zainetto di mia sorella, che lei avrebbe tirato fuori in classe, fra le risate dei suoi compagni. Ora a Marghe nascondo disegniini della maschera di Saw ovunque, ogni giorno in un posto diverso, per aiutarla a superare le sue paure. Lei dice che gli assomiglio!


- urliamo. Livello di decibel che rasenta l'illegalità. Prima ero silenziosa e mi aggiravo per casa come un gatto, ora c'ho la grazia di un elefante e la voce di un camionista. Perché da quando c'è Marghe è rivenuto fuori tutto il mio romanaccio de Garbatella, da prof di italiano a scaricatore di porto in men che non si dica.

- siamo partners in crime. Io credo che geneticamente gli italiani siano portati a sapere vendere. A convincere. A rigirare frittate. Ad ammaliare. Nella nostra lotta contro gli sprechi, nei nostri sforzi minimalisti, nel nostro ecologismo fai da te, eccoci a vendere mobiletti raccattati per strada (quello della terza foto, le altre due cose ce le siamo tenute) o a spacciare peperoncini umbri sottobanco. Vendiamo, scambiamo, sempre all'erta. Anche con Sara facevo i basura tour nottetempo, che felicità poter salvare oggetti scartati e non apprezzati.

 

Insomma, infine niente più coinquiline possedute dal demonio, o che arrivano con fidanzato incluso che non paga e resta per mesi, niente più silenzi imbronciati o valanghe di amici invitati proprio il giorno prima di un esame. Niente più bollette stratoferiche di coinquiline seminude che hanno freddo, o puzza infernale di esseri che non si fanno la doccia per giorni, ma si fanno il bagno nel profumo.

Nella nostra stranezza, e veganità, e anticonsumismo, infine siamo anime coinquiline gemelle, tanto che tantissima gente pensa che siamo fidanzate.
Meno il vicino bavoso. Mannaggia a li pescetti. Farebbe comodo che lo pensasse, e forse smetterebbe di sbavarmi le guance ogni volta che mi vede.

P.S.: Se in passato vi siete persi/e i post sui coinquilini infernali e volete farsi due risate (per non piangere) eccovi qua la carrellata ammazzo tuttiiiii:





16.11.14

Quando il gioco si fa duro ...

Sarà che a casa mia non siamo molto da giochi da tavolo.
Da piccola avevo il Monopoli e più che un gioco la mia mente PaperondePaperoni lo usava come allenamento per un futuro da risparmiatrice. Credo che vivo in affitto e non mi compro una casa per il trauma delle tasse da pagare su Parco della Vittoria.
Giocavo a dama, e a volte a carte, ma in Spagna quando entravo nei negozi all'inizio non è che mi soffermassi molto a guardare la zona intrattenimento casalingo per i giorni di pioggia (che a Murcia sono tipo 10 all'anno).

Così fino al 2003, cioè 4 anni dopo il mio erasmus in Spagna, non ho scoperto lo sport nazionale spagnolo che si gioca da seduti. Il parchís.




È un gioco talmente famoso che c'era pure un gruppo musicale degli anni '80 che prese questo nome, questo qui



Arrivavo dall'Italia per venire a vivere in Spagna di nuovo dopo un anno in Scozia. Non era un bel periodo, era il momento in cui Murcia, da amore del mio erasmus, si trasformava in vita reale, e sapevo che avrei dovuto cercare un lavoro, farmi amici del posto, prepararmi per l'esame DELE di spagnolo, ambientarmi davvero.

E quale migliore strategia, aveva pensato il ragazzo con cui stavo all'epoca, se non immergerla, fresca fresca di volo dall'Italia, in una bella serata circondata da spagnoli campagnoli de la huerta, a giocare al parchís? E senza pietà, avevano scelto la versione da 6 giocatori invece che quella tradizionale da 4.



Come se questo fosse un gioco internazionale, come se non fosse abbastanza difficile capire quando mi parlavano 5 persone per volta offrendomi generi alimentari a me sconosciuti, quando la mia ora di cena era passata da almeno 3 ore e avevo il cervello in fiamme?

Mangia la pedina, salta, raddoppia, tira i dadi, doppio 6, esci, rientra, a casa

Il parchís io in Italia non lo avevo mai visto (voi?) e poi sono diventata pure una grande giocatrice e fan (inventando anche regole creative per poterci giocare in 2 con la mia amica Cla durante le 24 ore di volo verso l'Australia), però quella sera l'ho odiato.

Perché rappresentava tutto ciò che io non ero, era la prima barriera alla mia integrazione.
Ero circondata da gente che non conoscevo e che invece si conosceva da anni, avevano già giocato mille volte insieme, e io ero il pesce fuor d'acqua. Ero frastornata, stanca, avevo caldo, mi girava la testa.

Credo che per tutti quelli che emigrano c'è un momento in cui dici: cavolo, questa non sarà una passeggiata di salute. Quando infine, dopo aver visto il bello di un Paese, averlo amato più del tuo, aver fatto confronti in cui l'Italia aveva sempre la peggio, arriva il momento in cui capisci che in quel Paese forse ci rimarrai, e che ci sono tantissime cose che non sai e anche alcune che non ti piaceranno.

Il parchís e quella serata sono stati la mia epifania.
Imparare le regole di quel gioco e successivamente diventare la prof. incaricata dei tornei di parchís al campo-scuola dove ho lavorato a Valencia per 3 anni è stato come ottenere infine il visto per questo Paese.
 
Poi ce ne sono stati tanti altri di giochi, di regole da imparare, di malintesi e confusioni.
E infine sono andati scemando, e ora è domenica, è inverno, e come ogni domenica Murcia si trasforma in una città fantasma, perché sono tutti a casa a riprendersi dai bagordi di ieri ...
e allora ci vorrebbe proprio una bella partitina a parchís.

Qua trovate le regole in italiano, ma chissà se i tabelloni si trovano in Italia ... forse dovrei avviare un import-export?

12.11.14

Figlio di ...

In ogni famiglia che si rispetti ci sono paure ataviche che si tramandano insensatamente di generazione in generazione.
Nessuno si chiede mai il perché, finché non ti ritrovi a vivere con qualcuno che della tua famiglia non è, e allora ti prendono per matto.

Io da piccola non avevo paura dell'uomo nero, né del buio, non temevo i fantasmi e i film dell'orrore mi hanno sempre fatto ridere.

Però ci sono due cose che quando torno in Italia mi si riaccedende la spia pericolopericolo:

- la pentola a pressione
- il gas

In Spagna ci sono voluti anni di training autogeno per eliminare questo retaggio culturale.

Qui la pentola a pressione è un elemento necessario della cucina tradizionale e non, sacrilegio dei sacrilegi ci fanno dentro pure la pasta.



 In Spagna, soprattutto in inverno, si mangiano un sacco di guisos, potajes, platos de cuchara, che altro non sono che zuppe varie, con legumi e verdure e l'immancabile tocino o osso di prosciutto per insaporire.
Un vero festival della puzzetta.

Io quando ho vissuto con spagnoli, non avendo mai visto una pentola a pressione, quando mi ritrovavo il tappetto in giro per la cucina, non sapevo cosa fosse e ci è mancato poco che lo buttassi.


A casa mia in Italia - e mi pare di capire che in tante case italiane - si raccontano orripilanti storie di pentole a pressione esplose, accecando cuoche o deturpando muri di cucine da nord a sud, da est a ovest. Insomma, ho capito che in Italia siamo tutti un po' bombaroli, e le fabbriche di pentole a pressione sono le stesse che producono i botti di capodanno.

Il gas. Altro tasto dolente. Una delle frasi più ripetuto da mia madre, a voce e per iscritto, è sempre stata: ricordati di chiudere il gas.
Come se sto gas, lasciato aperto da solo in casa, si divertisse a fare feste come un adolescente.
Mai come in Italia ho sentito storie di palazzi esplosi per la stufa a gas che perdeva, per il gas lasciato aperto, per la macchina del gas difettosa.
Quando sono arrivata in Spagna c'avevo lo scaldabagno a gas in tinello, orrore e terrore, e mi alzavo nottetempo per controllare che fosse spento.
Poi nella mia seconda casa, tragedia delle tragedie. Non c'era più il gas ciudad, cioè l'attacco diretto al gas. Era un appartamento vecchiotto e allora c'erano le fantomatiche bombonas.

È sì, cari miei, a Murcia in parecchi quartieri ci sono ancora le bombonas - bombole, una per il bagno e una per la cucina, e io, la prima volta che mi ha accompagnato un amico a comprarne una, ho sudato le 7 camicie a pensare a sta bombola che sciacquettava nel cofano.

Perché le bombole o te le vai a comprare da solo (le vendono ai distributori di benzina, ma dico io, siamo matti, c'è un incidente e salta in aria tutto ciò che c'è nel raggio di 30km!) o devi chiamare el butanero.

 

C'è anche un terribile video + canzone dedicata proprio alla mitica figura del butanero, io non la conoscevo - me l'ha fatta scoprire Mari Paz, quindi se vi viene il vomito è colpa sua -  eccovela qua, mettetevela a sottofondo della lettura!



I butaneros, o uomini che consegnano le bombole del gas, girano in furgoncini arancioni, vestiti di arancione e consegnano bombole arancioni, gridando: butanerooooooo per le strade dei quartieri meno chic.

 


Il butanero se non sei a casa quando passa a consegnare le bombole ti attacchi. Perché prima, quando Murcia era una città campagnola e tutti si fidavano, allora si lasciavano le bombole vecchie sul pianerottolo con una busta con i soldi per le bombole nuove, e quando tornavi a casa e il butanero era passato, infine potevi cucinare o farti la doccia.

Io sono sempre stata sfigata e ho vissuto un'estate senza bombole (e si può fare, fa caldo, doccia fredda, e si cucina poco) e poi purtroppo un inverno di butaneros latitanti, che io e la mia coinquilina per lavarci almeno i capelli riscaldavamo l'acqua in forno.

Così questa è un'altra ragione per cui non mi muovo da questo appartamento: ho il gas ciudad.
Niente bombole, anche se c'è lo svantaggio di dover pagare un minimo mensile anche quando uno non c'è d'estate. E ho tappezzato casa di cartelli di spegni lo scaldabagno quando hai finito di usarlo.
È sì, perché noi ci facciamo solo la doccia con l'acqua calda. Per il resto lo scaldabagno è spento, i piatti e le lavate generali si fanno con acqua fredda. Fosse mai che una fuga di gas ...

Curiosità linguistica:

In Spagna se un bambino somiglia alla madre, ma non al padre, si dice che è figlio del butanero.

Così mi è venuto in mente di chiedere in giro per il mondo chi fosse l'amante prediletto nei detti locali, per ora questi sono stati i risultati (se vivete in un Paese che non ho menzionato e conoscete il detto, fatemi sapere):

GRAN FIGLIO DI ...

Brasile: del vicino (filho do vizinho)
Bulgaro: del vicino (детето от комшията)
Italia: del postino, del lattaio, dell'idraulico
Finlandia: del postino (posteljoonin lapsi)
Francia: del postino (le fils du facteur)
Germania: del postino (das Kind vom Postbote)
Grecia: del postino, del lattaio
Polonia: del postino (dziecko listonosza) o del vicino (dziecko sąsiada)
Regno Unito: del lattaio (milkman's child) 
Romania: del vicino (fiul vecinului)
Slovenia: del postino
Svezia: del postino (brevbärarens barn)

 

(Immagini prese da internet)





10.11.14

Sex bombs e super machos

Ieri io e Marghe siamo andate a fare una passeggiata.
Mi lamento sempre che a Lubiana era così bello camminare, con le viuzze, le finestre, le mansarde, i graffiti. A Murcia ormai conosco tutte le strade tutte, i graffiti sono tag orribili, c'è un po' troppa monnezza in giro per i miei gusti. Però su, è novembre e fa ancora tipo 25º di giorno, non piove, non nevica, quindi usciamo a fare il pieno di vitamina D.

Decidiamo di andare verso nord-ovest e perderci nelle viuzze ed effettivamente arriviamo ad una piazza che non ho visto mai, la pioggia ci risparmia, giriamo per i vicoli e come al nostro solito urliamo.


Attratto dai nostri schiamazzi dolci vocine, ci placca uno spagnolo.
Ci sono vari generi di macho español, forse dovrei farne un post a parte, ma questo dedichiamolo a lui, il maschio pompato in tuta.

Ci blocca chiedendoci gentilmente se abbiamo bisogno di aiuto, gli diciamo che stiamo cercando di perderci di proposito.
Siete italiane? sì, ma viviamo a Murcia già da tempo, proprio ieri sera ho conosciuto delle italiane erasmus, fijo mio, c'hai 45 anni e ancora vai al rimorchio delle erasmus, aripijate ...

 ... ma niente, non ci abbandona. Si nota che è il tipico anabolizzantiacolazione, fra l'altro c'ha i due denti davanti spaccati o forse non ce li ha proprio, e io ho in mente la canzone fammi crescere i denti davanti, te ne prego bambino Gesù e non riesco a togliermela dalla testa.

(video della canzone per quelli come Marghe che sono degli anni '90 e non conoscono queste perle di Zecchino d'Oro).

Insomma, Mr Sdentato non ci molla, gli ripetiamo che vogliamo scoprire zone di Murcia che non conosciamo e allora lui, lampo di neurone singolo a girare nello spazio infinito, si propone di accompagnarci ... alla piazza principale della città!
In che momento, cocco bello, non hai capito che vivo qui da 15 anni?
Delusione nei suoi occhi.

Ma il neurone si rimette a fare spinning.

Ci comincia a raccontare di come per lui 3 cose siano importanti nella vita:
i fiori, i bambini ... e la terza non se la ricorda.
Il neurone ha già fatto troppo sforzo.

Poi cerca di ammaliarci dicendoci che lui le donne le tratta bene, che non urla mai, che le chiama cariño e amore, che le lascia pure uscire da sole, che ci vuole pazienza.
Gli do ragione, sì, sì, certo, fammi crescere i denti davanti, e lui mi dice: e che ne sai tu delle donne?

Ed ecco il guizzo finale del neurone.
Ci guarda, e bam: ma voi due siete una coppia, no?

Ed ecco che capiamo che non ce lo scolleremo di dosso, perché incarniamo la sua fantasia erotica domenicale-pomeridiana, di cui si vanterà poi in palestra.

Ma non vi preoccupate, ci rassicura, anche mia sorella è bisex e l'altra è lesbica.
L'ho capito subito che anche voi, perché ho visto lei (Margherita) con i capelli corti.

E vuole continuare a farci vedere Murcia, portandoci, udite udite, al parco dove c'è il museo taurino, quello delle corride, dei matador e dei poveri tori uccisi per capirci.
Nel frattempo si è ricordato qual è la terza cosa importante per lui: gli animali.

Cerca anche di venderci delle arance, perché si vede che oltre ad aver capito che siamo una coppia, ha capito che mangiamo pure un sacco di frutta. La porta pure a domicilio. Non finisce mai di sorprenderci.

Infine gli diciamo che dobbiamo proprio scappare, e insiste per darci due baci e ci lascia con una perla di saggezza:

non nascondete il vostro amore. Non a me.
E su, datevelo un bacio!

Oggi nelle palestre di Murcia si parlerà dell'italiana coi pantaloni bragaloni che vive a Murcia da 15 anni e della sua giovane fidanzata o amante dai capelli corti, che a Murcia ci vive solo da 1 e un po', e quindi la piazza centrale della città decisamente non la conosce. Siamo delle vere sex-bomb.




8.11.14

L'importanza delle misure!


Ieri sera cenetta fra italiane.
Io prima di vivere con Marghe non parlavo neanche più italiano, tanto che quando l'anno scorso è arrivata facevo fatica a esprimermi, vivevo in una continua parafrasi di me stessa, le nostre conversazioni erano cruciverba:

- ... quella barra di metallo che circonda il balcone ...
- Ringhiera?
- Sì, ecco.

Poi ogni tanto incontravo Viviana per strada, lei è un'altra di quelle che è arrivata a Murcia e ci è rimasta, per caso (e nel suo di per caso ci ho messo un po' casualmente lo zampino io, se un giorno si pentirà mi fischieranno le orecchie). E rincontrandoci proprio un paio di settimane fa abbiamo detto:
Cenetta? Perché no? Quando? Dove?

Alla fine tam-tam via facebook, altre murcitaliane aggiunte alla conversazione, che per quante eravamo pareva che avremmo riempito la pizzeria intera, che è un posto piccolo e manco accetta prenotazioni.

Poi però la murcianità si è impossessata di molte, e si vede pure in queste piccole cose.
Alcune, le più giovani, sono state intrappolate in una festa universitaria cominciata all'ora di pranzo. Chissà se saranno tornate a casa ...
Altre all'ultimo momento non potevano perché ... , cosa che a Murcia succede continuamente.

Gira che ti rigira eravamo quelle che abbiamo cominciato la conversazione più una, poche ma buone, e casualmente tutte prof. E ci siamo viste per una stereotipica serata italiana, pizza più gelato.



Che c'è Giusi che vive qua da più di me, che all'inizio pensava che no, una pizza da sola non ce la faccio a mangiarmela, perché si è spagnolizzata e qua le pizze si condividono, spesso prendono 2-3 pizze al centro, una fetta di questa, una fetta di quella, e infatti c'è pure il formato pizza familiar.
Ma poi circondata da noi si è ri-italianizzata, e la sua pizza se l'è mangiata tutta. E pure un gelatino, che c'è una nuova gelateria che li fa proprio buoni, e c'ha pure il cioccolato fondente al peperoncino, che è la morte sua.



E poi ce ne stavamo per strada a parlare, noi 5 e i nostri diversi livelli di mimesi culturale.
Perché io davvero ormai faccio fatica a distinguere cos'è spagnolospagnolo, cosa insomma in Italia non c'è, o è diverso. Magari lo noto in Italia, ma qua non ci faccio più caso, e ieri Miriam (che era qua lo scorso anno e ora è tornata) tira fuori il tema lenzuola e cuscini e all'improvviso mi ricordi quando ... appena arrivata in erasmus, sul mio lettino singolo mi ero ritrovata un cuscino così!



E io avevo pensato che era uno di quei cuscini che si comprano le donne che c'hanno le carenze di affetto e vogliono abbracciare qualcunosa di notte. Invece poi è un cuscino matrimoniale, di solito così alto e spesso che praticamente dormi seduto, ce l'ho pure a casa, e lo usa Marghe, sostituto non peccaminoso di fidanzato assente, con il vantaggio che non russa, non si muove, non ruba le coperte.



E quindi ci sono pure le federe per sto cuscino salsiccia, che te le vendono con i lenzuoli per il letto matrimoniale, e se tu hai due cuscini ti attacchi, e con la federona lunga al massimo ti ci fai un tubino.

E poi le misure, letti singoli da 80 o 90cm, (ma io sono convinta che il letto extra che abbiamo a casa è da 75, per rachitici insomma) e matrimoniali da 120, 135, 150, 160, con lunghezze varie. Un casino tale che i negozi ci scrivono pure post sulle loro pagine, tipo questo.

Io ho il letto matrimoniale che però non lo è, è una piazza è mezza o forse un po' di più, che in Spagna va molto, perché alla gente piace dormire, anche se poi la siesta se la fanno sul divano, che qua i fisioterapisti e ortopedici si devono arricchire co' tutte 'ste schiene martoriate da pisolini sul sofà.

E uno prima di andare all'estero non è che ci pensa che ogni Paese fa i letti come gli pare, tipo che in Svezia le coppie condividono il letto matrimoniale, ma non le coperte, ognuno c'ha il suo piumino, così di notte non si fa la guerra del tira di qua tira di là, e non entrano gli spifferi dal centro.

Io ho viaggiato con lenzuoli sempre troppo grossi o troppo piccoli, e ora gli acciacchi dell'età hanno reso il mio letto troppo duro, e allora hippy che non sono altro, ho preso un bel materassino dell'Ikea bello morbido, di misura 90cm (eredità di una ex coinquilina), e l'ho schiaffato sopra al mio letto da 135cm, così dormo con il dislivello e se di notte mi muovo precipito nella zona adibita a scrivania extra.



E buonanotte al secchio!




31.10.14

Il grasso e il bambino

Mattina di Halloween.
Suonano alla porta.
Vado ad aprire con il mio fantastico pigiamino corto coi cani e gli ossi.
Perché oggi fa ancora circa 30º.
No, nessun dolcetto o scherzetto.

Quando sono arrivata in Spagna Halloween non sapevano proprio che fosse.
Non che ora ne conoscano le origini o la simbologia, ma questa festa si è diffusa ovunque, perché per gli spagnoli ogni occasione è buona per uscire, bere e fare casino.

Ma ancora non siamo arrivati al ricevere scampanellate di bimbi alla ricerca di pillole di diabete.
Ad ammirarmi nel mio suddetto pigiamino è invece una signora che vende ...
biglietti della lotteria!

Sì, perché in Spagna la lotteria è una cosa seria.

Abbiamo sotto casa un negozio che vende biglietti delle varie lotterie settimanali, gratta e vinci, scommesse legali. Se faccio mente locale riesco a localizzarne altri 3 sul percorso che faccio ogni giorno.


I ciechi della ONCE (organizzazione nazionale ciechi spagnoli) vengono ironicamente assunti proprio per vendere biglietti della lotteria in piccoli chioschi che si trovano un po' in tutte le strade spagnole, e anche in banchetti mobili per strada, o girando per i quartieri con il loro mazzetto di biglietti e gridando 'para hoy, para hoy' (per oggi, per oggi).

Io non ho mai capito come si passi da essere venditore stradale a venditore seduto e fisso a un angolo a venditore in un gabbiotto. Da cosa dipenderà? Dal grado di cecità? 



Se penso a questa tre categorie a 200-300 metri da casa mia ci sono due chioschi e in centro so esattamente dove sono i venditori fissi e girovaghi.

Io ho comprato una sola volta un biglietto della lotteria settimanale qui in Spagna. Ero alla fermata dell'autobus e dovevo spicciare 10 euro. Non c'era nessun negozio o bar aperto, solo il chiosco della ONCE. Ho vinto il reintegro, cioè il rimborso del prezzo del biglietto.

Ah, poi il primo anno al lavoro ho comprato un biglietto di una lotteria che organizzava un collega di lavoro per raccogliere fondi per non so che causa. E lo stesso anno un altro biglietto per una lotteria di beneficenza per uno dei rifugi per cani di Murcia. Poi mi sono resa conto che ogni gruppo, ogni quartiere, ogni centro lavorativo, ogni scuola, tutti insomma hanno la loro lotteria di beneficienza, raccolta fondi. Non sempre si vincono soldi, a volte anche una cesta de Navidad (cesto di Natale contenente perlopiù insaccati e un prosciutto intero, ma delle gambe di maiale presenti nelle case spagnole parlerò un'altra volta).

(Notare l'arto di maiale, che non può mancare, aaaaaaaa)

E poi ci sono el Gordo (il Grasso) e el Niño (il Bambino).
Che vi giuro che la prima volta che ho sentito la frase 
me ha tocado el gordo
nella mia testa l'ho tradotta letteralmente
mi ha toccato il ciccione

e ho pensato: chi sarà sto ciccione maialone che va in giro a palpeggiare le ragazze?????
Ma la frase significa:

ho vinto il premio più grosso, appunto il premio gordo.
Ci ho fatto pure uno dei miei disegnini CUIDADÍN
Il primo premio è di 4 milioni di euro, ma il premio è per BILLETE (biglietto) e quasi nessuno spagnolo compra un biglietto intero, bensì un DECIMO.
Il numero vincente viene estratto tutti gli anni il 22 dicembre, perché si tratta appunto della lotteria de Navidad (Natale), ma i biglietti sono in vendita già da luglio!!!



E ogni anno è un bambino della scuola San Idelfonso che estrae le palline con i numeri, in diretta nazionale dal Teatro Reale di Madrid e altri bambini che cantano i numeri. Una litania infernale che non finisce maiiiii!

El sorteo del Niño invece è l'estrazione del 6 gennaio, e in questo caso il primo premio è di 2 milioni di euro e i biglietti saranno in vendita da inizi novembre. Un biglietto intero costa sui 200 euro, un decimo quindi ne costa 20.

Gli spagnoli fremono, cercano i loro numeri fortunati, incrociano date di nascita, anniversari, chiosco preferito dove comprarli, venditore fortunato.
Scaramanzia pura.
Tutti a fare gli occhi dolci alla dea bendata.
Tutti a sognare di cambiare vita, ora più che mai in un Paese ancora in ginocchio causa crisi.

Dovrei mettere su un banchetto di cornetti della fortuna, che da queste parti non li conoscono.
Diventerei ricca.

27.10.14

Il filo del fato ...

Quando vivevo in Italia andavo a teatro una volta al mese, perché la mia ganzissima prozia (che ora ha 90 anni e ci va ancora!) mi offriva gentilmente un abbonamento annuale e ci andavamo insieme.

In Spagna non so perché ho smesso. Forse perché a Roma di teatri ce ne sono un sacco e qua solo 2-3, forse perché finora non ho trovato nessun appassionato, nessuno che in una normale conversazione mi dicesse: andiamo a teatro.

Quest'anno però infine, per vivere una tradizione tutta spagnola, io e Margherita giovedì ce ne andremo a vedere il DON JUAN TENORIO.

Tradizione nata a Madrid, dove il giorno di Tutti i Santi veniva interrotta la normale programmazione teatrale e rappresentato il Tenorio, contemporaneamente in varie sale.

Il Tenorio è un dramma romantico sulla storia del Don Giovanni. Ve ne parlerò magari in seguito, dopo averlo effettivamente visto. Per ora ho solo dei vaghi ricordi della storia, perché la lettura dell'opera faceva parte del programma di una delle mie materie facilissime negli Stati Uniti, dove i miei compagni faticavano con lo spagnolo e invece io ero la sapientona della classe.

Tutta questa lunga introduzione perché ieri mi è venuto in mente che se io non fossi andata a teatro (a vedere che spettacolo non ricordo) ora non sarei in Spagna.

E mi ha fatto pensare a quelle minuzie della vita che cambiano completamente la nostra rotta e il nostro futuro.

E perché il teatro?

Perché quel giorno, all'uscita, io e la mia prozia eravamo corse ad acciuffare l'autobus al volo. E su quell'autobus, un po' illegalmente, qualcuno aveva attaccato delle pubblicità dei campi di volontariato di Legambiente per l'estate.
E a me era sembrata una grande idea, e avevo casualmente una penna appresso (mica c'erano i cellulari per scattare foto, era il 1998!) e avevo appuntato il numero.

Poi avevo chiamato e con una mia compagna dell'università avevamo scarpinato fino alla sede di Legambiente. E lì ci saremmo volute iscrivere a un campo in Grecia, ma non c'erano più posti. Però cercavano ancora due volontarie per un piccolo paesino del nord della Spagna. Al che ci eravamo guardate, vabbè, perché no, è insomma, ci eravamo iscritte.

Ed è così che le fila del destino cominciavano a tessere la tela della mia futura vita in Spagna.
Perché poi a quel campo avevo conosciuto dei murciani, e gira che ti rigira sono ancora qui ...



Se quel giorno non avessi avuto una penna? Se avessimo preso l'autobus successivo?

Se, se, se ... 

22.10.14

Pet peeves, ovvero 'ammazzo tutti' ...

Il mio cervello spesso funziona per temi da trattare a lezione, a volte nelle conversazioni della mia vitafuoridall'aula mi trovo a riproporre le domande amletiche dei vari livelli che insegno, analizzando le risposte dei miei interlocutori secondo criteri di coerenza, coesione, grammatica, vocabolario, dottore, è grave?

Per la centesima volta mi ritrovo alla pagina di ciò che mi fa uscire (un po') dai gangheri è ...

Il libro propone 10 immagini, poi si ascoltano 10 brevi conversazioni e gli studenti devono associare la foto ai mi dà sui nervi. In inglese si parla di pet peeves, quelle minuzie che ci danno fastidio, che non sopportiamo. Fra gli esempi il dentista che ti parla mentre ti smucina in bocca, quelli che in piedi dietro di te sulla metro leggono il tuo giornale, i carrelli difettosi del supermercato, quelli che portano gli occhiali da sole dentro e fuori, ecc.

E così ci si comincia a sbizarrire, vengono fuori piccole frustrazioni di tutti i giorni, e io ne approfitto per rendere noto indirettamente cosa è che mi dà fastidio che i miei studenti facciano, tipo quella che ogni volta che mi avvicino per ascoltare come parla con il suo compagno di banco mi comincia a dare colpetti sull'avambraccio mentre ridacchia, je tajerei le mani!

Allora ho pensato che a mo' di catarsi, per sbollire l'ammazzo tutti  di queste ultime 4 settimane (ora lo spiego) magari 'ste piccolezze le scrivo, ci facciamo due risate, mi raccontate le vostre e scarichiamo un po' di stress, no?

Dunque, io non sopporto ...

... le perdite di tempo e le scuse fasulle, tipo chiamare al servizio clienti della mia nuova compagnia telefonica, perché il 27 settembre (!!!) ho aderito a una loro promozione e mi devono mandare una nuova SIM, e che mi dicano che mi hanno chiamata e richiamata, ma io non rispondo. Vediamo un po', zucconi, sono passata dalla vecchia compagnia alla vostra, mi avete disattivato la vecchia SIM, non funziona più, perché VOI l'avete disattivata, mica io! Come vi viene in mente di chiamarmi a quel numero?????? (* la nuova Sim mi è arrivata ieri, dopo aver fatto altre mille telefonate! Cominciamo bene!)

... quelli che vanno al cinema e ogni 2 minuti accendono il cellulare, per rispondere ai messaggi di whatsapp o guardare il facebook. A volte mi sono chiesta se si annoiassero a morte, obbligati da amici o fidanzati a vedere un film che non gli interessava. Poi però li senti uscire dalla sala entusiasti e io mi chiedo: ma che ci avrai capito del film se ne hai visto a malapena un terzo? E che cosa ci sarà di così urgente da non poter spegnere il telefonino un paio d'ore?

... quelli che mi toccano il viso. Se ho un capello in bocca significa che non mi dà fastidio, o che me lo leverò da sola. Il viso è una parte davvero intima della persona, non mi piacciono 'ste carezzine a tradimento.

... gli incavolati perenni, che gli va tutto male, che io sto peggio, che che sfiga cosmica, che beata te, non mi puoi capire ecc ecc. Ma che ne sai se ti posso o non ti posso capire? Sai cosa mi è successo nella mia vita, cosa ho vissuto? E se non ti posso capire, ma perché allora mi racconti tutte 'ste tragedie greche? Fatte 'na risata fijo mio!

... quelle che portano le scarpe coi tacchi, non ci sanno camminare e sembrano giraffe ferite o gazzelle appena nate. Io esco con le Birkenstok e i calzini, e sicuramente ci sono frotte di persone che inorridiscono, chissà cosa sembro io!

... le commesse dei grandi magazzini del reparto profumi che passi e te ne spruzzano un po', io odioooooo i profumi, mi fanno venire il mal di testa. Fortunatamente una tipa in birkenstock+calzino non la vedono come potenziale acquirente, però passare in una nube di 100 spruzzini diversi mi fa perdere la voglia di andare in certi posti.

... le agende dove il sabato e la domenica sono un quadratino piccolo piccolo, come se uno c'avesse la memoria ciofeca e 3000 cose da fa' durante la settimana, e invece il fine settimana il vuoto assoluto o la memoria bionica.

... le magliette di fibra sintentica, spandex, elastham, che puzzano dopo 5 minuti che le porti e fanno l'effetto sauna. Così quelle poche magliette che compro/scambio sono da uomo e poi ci credo che mia madre mi dice che sono sempre saccodepatate. Voglio il 100% cotone!

... quelli che ti dicono oh, guarda, hai un capello bianco/un brufolo in fronte (maddddai, non lo sapevo!) e poi però non ti dicono che c'hai la foglia di lattuga fra i denti o la lampo aperta (non te l'ho detto perché credevo che tu lo sapessi!)

Ecco, questa è la mia catarsi, ora sono più tranquilla e infine posso mettermi a smanettare con il mio nuovo cellulare, che ha viaggiato per ben un mese per raggiungermi.



21.10.14

Un pugno nello stomaco

Ieri sono andata al cinema, non è una novità, ci vado quasi tutti i giorni, a casa non ho la TV e invece ho una bella tesserina per il cinema gratis.

Avevo visto il trailer del film e mi immaginavo la solita americanata buonista.
Con Reese Witherspoon, che io me la ricordo solo in commediole romatico-comiche.
Lei, donna disastro, trentenne zitellona, che si redime facendo l'eroina in Africa.

È strano come a volte montano i trailer e tu pensi che il film sarà questo questo e quest'altro e te ne vai al cinema tranquillo.

E poi entri trafelata, perché hai pure sbagliato sala e sei stata 10 minuti seduta altrove. Ti siedi, che ancora ridi per l'errore e BAM, mazzata.

Perché the GOOD LIE è così, nel titolo ti dice BUONO e ci credi, e ti ritrovi su una comoda poltrona ad essere presa a pugni nello stomaco.


http://en.wikipedia.org/wiki/The_Good_Lie

La storia è quella che tutti conosciamo e che teniamo buona buona e ben nascosta in un ripostiglio del cervello.
È l'Africa e le sue mille guerre e il mondo che se ne va in malora.

Perché ci siamo noi, qua, europei fortunati (non tutti, sia chiaro, che il mondo in malora è pure qua) da 3-5 pasti al giorno, e palestre, dieta, vestiti nuovi, e lamentele quotidiane sul capo rompi, i colleghi scansafatiche, i vicini rumorosi, i cani che abbaiano e il governo ladro.

E poi ci sono loro, là, come in un universo parallelo, dove un minuto stai giocando e ridendo e quello dopo hanno ammazzato tuo padre, tua madre e ...

Non voglio svelare la trama, ma non consiglio mai film e questo invece sì.
Forse perché a volte dimentico quanto sono fortunata, forse perché questo è l'inizio di qualcosa. Perché certe immagini mi sono rimaste negli occhi, là, appiccicate, e non se ne andranno.

E non sono le tipiche immagini da telegiornale, perché non è un film che si sofferma sui dettagli macabri e foto shock.
Si tratta di altro.

Sono fotogrammi di dolore intimo e di bellezza pura.

La bimba che fugge, ma rischia per raccogliere un recipiente, che servirà per mangiare, cucinare, bere. Noi in fuga cosa raccatteremmo? Un cellulare? Un computer?

I fratelli seduti che condividono il pranzo, come un rituale, senza TV di fondo, loro e la forza della loro unione.

Quelle magliette, resti di un'America ricca e donate ai poveri del mondo, in cui crescono, perché qua una maglietta dura un anno, là forse una vita.

Tenersi per mano.

Ringraziare.

Spazi condivisi che contrastano così tanto con questo mondo qua, fatto di porte chiuse e persone nascoste dietro schermi a socializzare a distanza.

Il tempo e la voglia di guardare le stelle.


Ecco, andate a vederlo.

25.9.14

Settembre, mese di ...

Come tutti i mesi di settembre mi vengono in mente un sacco di cose, di essere ordinata, di farmi schemi su schemi di progetti, di esami da passare, di allenamenti, ... di mettere a posto la scrivania per cominciare a  studiare indovinate un po' cosa?

 

SVEDESE. 
Ci ho già provato due anni fa, avevo cercato pure un prof , ma niente di fatto.
Stavolta allora uso un altro metodo.
C'è una pagina su youtube con un sacco di video Learn Swedish with pictures, frasi, verbi, presentazioni, suoni.
Quando sono a casa la metto in sottofondo, a ruota libera, senza sosta.
Non guardo come si scrivono le cose, e neppure il loro significato. Ogni tanto butto un occhio allo schermo, e collego le immagini alla parola. Ma non sempre.
Così cerco di riprodurre l'apprendimento di un bambino, che sente frasi su frasi, molte ripetute, e gli vengono indicati oggetti, ma non sempre.
Insomma, per ora so capire/ dire varie cose, le so pronunciare, ma non so esattamente cosa vogliano dire. Certo, parto avvantaggiata, perché ci sono tante parole simili all'inglese e al tedesco, quindi diciamo che sono come una bimba di 4-5 anni, già bilingue di altro magari.
Poi dopo questa overdose do un'occhiata veloce a come si scrivono le cose, le appunto su un quaderno, ma non le studio, sono là, non ho ancora deciso come affronterò lo scritto.

Poi c'è la questione ciccia!
Dopo i 3.5kg presi durante le vacanze, ora sono tornata alla mia solita dieta veganasana, con concessioni per il fine settimana, perché perché a Murcia, udite udite, hanno aperto un altro ristorantino vegano  https://www.facebook.com/eljardindelosdragones
Così mi faccio insalatone durante la settimana, e poi un giorno a settimana botta di vita: burger, salsicce, patate in varie salse, crocchette (mancano varie foto perché ci sono arrivata un po' affamata).


A Murcia come sempre a settembre piove per 2-3 giorni, e la città si allaga, perché il resto dell'anno non piove mai mai, e quindi i chiusini e gli scoli non se li fila nessuno e certi viali della città si trasformano in canali veneziani, la gente si fa prendere dal panico, non si esce di casa.
Io, che amo l'autunno che qua però non esiste, in questi rari giorni piovosi mi siedo in veranda con una tazza di tè, e sono gli unici momenti in cui riesco a stare ferma, a meditare.


Poi c'è il ritorno al lavoro, gli esami di inglese per 120 studenti, per molti dei quali come vedete qua sotto l'inglish è molto importante. Ne abbiamo bocciati il 70% credo, perché in Spagna purtroppo è così, molte persone credono di poter arrivare all'intermedio B1 richiesto per accesso a master e simili studiando una settimanella prima dell'esame.


Quest'anno causa epidemia di gravidanze fra colleghe siamo rimasti in pochi prof. e io, essendo una delle più veterane, ho infine un orario che mi piace. Uscirò ben due giorni a settimana alle 6 di sera, cioè, potrò aver un minimo di vita sociale pomeridiana, potrò cenare al mio amato orario nordico, vedrò tramonti non dalla finestra della mia classe.  
Ieri quando tornavo a casa dopo averlo saputo facevo i salti di gioia.


Poi per non farmi mancare nulla, e per solidarietà coi miei genitori che in Italia stanno affrontando i lavori a casa, ecco, serranda rotta, e tenuta su con manico di scopa. Calcolando che fino a una settimana fa faceva 45º immaginatevi che piacere non poter aprire e chiudere la finestra.

Ora emergenza rientrata, dopo quella dell'invasione di formiche, del computer che abbassava il volume da solo ...

Mica può andare tutto bene, sennò ci si annoia!

15.9.14

Baciata dal karma

Ognuno ha i suoi rituali magici per rilassarsi e stare un po' da soli con se stessi.
Io a Ljubljana passeggiavo e facevo foto, a Murcia mi faccio una tazza di tè o caffè e mi siedo sulla sedia a dondolo in terrazzo, a Roma leggo un libro tutto di un fiato.

Però se voglio davvero davvero tranquillizzarmi, se ho bisogno di un momento di stacco dopo un quadrimestre di insegnamento molto pesante, o un'estate a gironzolare, allora la soluzione è una sola:
la mia dose annuale di Scozia.

Quest'anno la scusa è stata che mi costava di più volare diretta da Roma a Alicante che farlo via Glasgow. E un'anima buona, Carlo (ve ne avevo già parlato in questo post http://nonsipuotornareindietro.blogspot.com.es/2013/12/glasvegans.html) si è offerta di ospitarmi. 
Grazie, grazie, grazie!
Che quest'anno in Scozia è Homecoming, http://www.visitscotland.com/see-do/homecoming-scotland-2014/, in più ci sono stati i Commonwealth Games, e poi fra pochi giorni si vota per l'indipendenza. 
Insomma, tutto pieno, tutto carissimo, ma avere amici vegani che vivono in posti così, ha reso anche questo tappa del mio viaggio possibile.


E così, per la prima volta, invece di stare a Glasgow centro, sto a Troon, che è a 45 minuti in treno e a soli 4 minuti dall'aeroporto di Prestwick. E devo dire che, baciata dal karma, Troon è proprio ciò di cui avevo bisogno dopo le due settimane di inscatolamenti di cui ho parlato nel post precedente.

Poi Carlo deve avermi letto la mente e aver capito che avevo bisogno di una giornata lontano da tutto e immersa nel verde, a respirare aria buona e non polvere, e a rimanere a bocca aperta davanti allo spettacolo della natura scozzese, questa qui.



Che c'è il sole, e quella luce speciale di queste parti d'Europa, e spuntano i funghetti nel sottobosco e le salite non sono mai troppo ripide. E alla fine di una camminata ti aspetta un picnic vegano in riva al lago, con le risate di Alex in sottofondo, che non smette di cantare, saltare e ricordarti che a volte la vita bisogna prenderla così, da dodicenni.

Poi c'è la mia Glasgow che giro e rigiro su e giù, impavida senza ombrello, perché le previsioni dicono niente pioggia e per una volta hanno ragione. Conosco tutte le strade e le viuzze, guardo la gente, e come sempre mi chiedo come sarebbe vivere di nuovo qui, in questa città che per tanti versi è come me, piena di contrasti, un po' rozza ma davvero amichevole e alla mano.



Per me Glasgow è un colore, quello di questi edifici qui. A viverci in uno di questi scriverei fantastiche storie, avrei un appartamento minimalista, con il pavimento di legno ruvido e forse un tappeto blu, finestre grandi e tazze da tè ancora più grandi. 


Come sempre i passi mi conducono verso quella che era casa mia, la mia strada, il rudere che è diventato il mio appartamento al piano terra, e ricordo la paura iniziale che qualcuno mi entrasse dalla finestra mentre dormivo. Chissà chi ci vive.  Chissà se usano ancora la coperta gialla che ci ho lasciato. E si pesano sulla mia bilancia abbandonata.


Il mio tour del Regno (forse preso dis-)Unito mi ha fatto mettere su 4kg, biscotti, cibo indiano a go-go, e ora infine anche le bombe ripiene. Menomale che ci pensa Carlo a farmi tornare sulla retta via, preparandomi dei sanissimi cannelloni vegani al tofù e spinaci.

 



E sono pronta per tornare a Murcia nel deserto, dove mi aspettano temperature di 40-45º  e un sacco di lavoro da fare.

Ma sai che c'è? Sto già pensando al prossimo viaggio!