31.7.12

Ciao nonna Margherita.

Mi piace pensare che hai aspettato per salutarmi.
Per darmi il tempo di arrivare, io, la nipote giramondo, direttamente dall'aeroporto, e vederti, ancora due minuti e bisbigliarti un segreto all'orecchio.

Io e te, nonna, siamo proprio state gli antipodi.
Tu, tutta casa e famiglia, io sempre in giro per il mondo.
Tu, regina della cucina, io con il frigo sempre mezzo vuoto.
Tu, che parlavi romanaccio e io professoressa di italiano.

Però poi c'erano quei giorni che venivi qua a casa e vedevamo La signora in giallo insieme, e tu mi dicevi Ma dove li comprerà questi bei tailleur? e io ti raccontavo che l'avevo pure conosciuta la signora Fletcher, a Los Angeles, e se l'avessi saputo gliel'avrei chiesto.

O quando arrivava Natale, e tu non ci potevi credere che ti fosse venuta fuori una nipote vegetariana, e mi offrivi i tortellini in brodo o la lasagna, e io nonna, non le posso mangiare queste cose e tu, ma la ciccia è così buona. Ma niente, non mi convincevi, e allora per non vedermi patire la fame mi preparavi quintali crocchette, talmente tante che me le portavo via e me le mangiavo pure il giorno dopo a pranzo e a merenda.

Tu, nonna, avresti dovuto aprire un ristorante, o perlomeno una pasticceria.
Che ai nostri compleanni da piccoli era un tripudio di ciambelloni, torte alla frutta, ciambelline.
E pizzette, calzoni, supplì.
Le patate al forno infarinate tagliate a cubetti.
Che una volta, alla comunione di non so chi di noi, c'erano vassoi stracolmi per tutta casa, che non c'era quasi posto per sedersi.
E i pranzi della domenica che c'era da mangiare fino al giorno dopo.

Tu, come me, stavi sempre a dieta, ma poi non potevi rinunciare a un biscottino, una pastarellina, e ne assaggio solo un pezzettino. Poi come me, mettevi il dolcificante nel caffè, per avere la coscienza a posto.

Io l'ho detto a mamma, che ieri era il tuo compleanno, e secondo me non ti andava di festeggiarlo a letto, in ospedale, senza torta, senza un dolcetto, e allora te ne sei andata in Paradiso, dove ti hanno accolta e ti hanno messo subito in cucina, a preparare i dolci con il pane degli angeli, o le cartine, come chiamavi il lievito tu.

Da te ho imparato a nascondermi i soldi nel reggiseno, che là non te li ruba nessuno.
Tu eri la nonna che tifava per la Roma e giocava la schedina e sperava sempre di fare tredici, e chissà se avessi vinto a chi li avresti dati tutti i soldi, perché per te non ti tenevi proprio niente.

Tu eri quella che mi diceva sempre che dovevo tornare a Roma, o perlomeno trovarmi un bel regazzetto, che c'avevo già una certa età, e mica mi dovevo sposare per forza, ma fare un bambino sì, pure da sola, che alla fine chissene importa.
Tu mi raccontavi di come facevi l'amore dalla finestra, con nonno sotto il davanzale, che i tuoi genitori mica ti lasciavano uscire.

I ricordi arrivano come una marea, mentre metto a posto la spesa in frigo e vedo il prosciutto che tu dovevi tagliare fino fino che sennò mi strozzo.
E quando guardo la radio sul mio comodino e penso che per tanti anni hai voluto dormire con la radiola accesa anche di notte perché tu da sola non ci volevi stare neppure nei sogni.
O i nomi che ci davi: scopetta, sarapica, bella moretta, nomi da ragazzine sempre un po' furbette, che dalla vita non devono farsi fregare.

Ti voglio ricordare come ti ho vista a maggio, che ero passata a trovarti e dicevi, sono stanca, non ce la faccio, non mi va di mangiare. Che c'è nel vassoio? Ah, le pastarelle? Beh, dammene una, che la assaggio.



Ciao nonna Margherita, appena finisco 'sta dieta, una pastarella in tuo onore l'assaggio io ;-)

28.7.12

Nuove frontiere dietetiche

C'è gente che va a correre mattina e sera.
C'è gente che si ammazza in palestra.
Altri ingaggiano un personal trainer.

Io invece compro biglietti del pullman.

Un po' di giorni fa ho ricevuto un'email della compagnia degli autobus Alsa, che è quella che uso da Murcia a Valencia e da Alicante a Murcia.
Mi offrivano uno sconto del 40% per il mio prossimo viaggio con loro.
Ma guarda che botta di cul fortuna, devo giusto andare a Valencia per prendere l'aereo per tornare a Roma il 30 luglio.

Così cerco di accedere al mio account cliente Plus con il numero di tessera che avevo fatto un anno fa.
Mi chiedono il Passaporto/Carta di Identità/ Nie (numero di identificazione stranieri in Spagna).

Mi ricordo che l'anno scorso alla biglietteria gli avevo dato la carta di identità, che il tipo aveva guardato con sospetto trattandosi di un ridicolo pezzo di carta (qua in Spagna la loro carta di identità è un tesserino plastificato).

Niente.
Non funziona.
Provo a scrivere i numeri appiccicati.
Separati.
Riappiccicati.
Provo a usare il numero del passaporto.
Magari l'ho cambiato e non mi ricordo.

Voglio lo sconto di 6 euro. Uffa!
E allora decido di avviarmi alla stazione per vedere che succede.
Ne approfitto lunga la strada per fare foto del paesaggio desertico.

 Attrazione turistica murciana: la sardina sputacchiona

A breve il nuovo film di Moccia ambientato a Murcia, ad agosto:
Scusa se ti chiamo amore asciugo il sudore.

Arrivo alla stazione per scoprire che l'unica biglietteria aperta sta chiudendo per la pausa colazione.
La tipa ha prescia di andare a prendersi una birretta di metà mattina e mi dice di andare alle macchinette. Obietto che se il sistema informatico non riconosce la mia cartà di identità, le macchinette non saranno da meno, ma la tipa svicola e sfugge, dicendomi che non è possibile che per l'accesso mi venga chiesto il numero di carta d'identità.

E mi tocca aspettare mezzora, perché come volevasi dimostrare la macchinetta non ne vuole sapere di farmi lo sconto, con un vecchietto che fa il furbo e mi passa davanti e una fila di 15 persone che si forma dietro di me.
Ne approfitto per fare un po' di stretching, che l'altro giorno ho dovuto spostare una libreria in casa facendo contorsionismo e ho la schiena a pezzi.

La tipa ritorna, il vecchietto compra il suo biglietto e come buona azione quotidiana mi faccio pure superare da un negretto che parla spagnolo a mozzichi e bocconi e che ha fretta di andare al lavoro.

Finalmente è il mio turno.
Spiego il problema alla tipa e le porgo la carta di identità, e invece sì che è necessaria per ottenere lo sconto. Ne legge i numeri e scopriamo che a lei risultano due zeri in più, all'inizio.
Messi lì a casaccio, chissà perché, e senza avvisarmi, dal tipo che mi aveva dato la tessera.

Ora stai a posto, ma devi tornare a casa e prenotare da lì, lo sconto non vale dal nostro computer.

Intanto si è fatta l'1.30 e scarpino sotto il sole per più di mezzora, perché decido di fare ancora un po' di foto.

Tipico negozietto di Madonne, Gesù, croci, rosari alla stazione degli autobus.
Della serie: che Dio te la mandi buona.
Forse mi sarei dovuta premunire di uno di questi oggetti e sarei stata più fortunata.

Torno a casa che sono un bagno di sudore.
Riprovo a comprare il biglietto sulla pagina web mentre mangio riso scotto e lenticchie di barattolo fredde. Con 5 olive.
Ma niente.
Con gli zeri neppure funziona.
Riprovo in tutte le modalità possibili e immaginabili.
Niente.
Scopro che per chiamare il servizio di attenzione al cliente sarebbe più caro che lo sconto ricevuto.

Decido allora di comprare il biglietto online senza tessera fedeltà.
Scopro di dover pagare 2.50euro in più per spese di gestione online.
Ma come, se il lavoro lo faccio tutto io, e il biglietto me lo devo stampare da sola?

Inserisco tutti i dati della carta di credito e puff, pagina bloccata, errore errore.

Aspetto la conferma dell'acquisto alla mia mail, girando per il salone come un leone in gabbia.
Non so se alla fine sto biglietto l'ho comprato o no e non vorrei rimanere senza posto o comprarne un doppio.

L'unica soluzione?
Riandare alla stazione e vedere se lì mi possono stampare il biglietto, in caso lo avessi comprato, o comprarne uno, però senza sconto.

La mia coinquilina sta uscendo e gli scrocco un passaggio fino a metà strada.
La sua macchina è stata parcheggiata al sole tutta la mattina, sono le due, e così facciamo anche una bella sauna.

Arieccomi alla stazione e c`è una tipa nuova alla biglietteria.
Devo spiegarle di nuovo tutto e alla fine scopro che il biglietto non l'avevo comprato, e così me lo compro.
Ma senza 40% di sconto, perché l'unico sconto disponibile è per chi ha più di 60 anni.
E che faccia devo avere in quel momento non lo so, perché la bigliettaia resta in sospeso, un po' dubbiosa.

Biglietto ottenuto.
L' acqua nella mia bottiglietta a ormai 35 gradi.
Puzzo.

E mi tocca ritornare a casa.
Ma invece di prendere la via più breve decido addirittura di farmi una passeggiata.
Sono le tre e i gradi sono















In giro ci siamo solo io, e le papere che sguazzano nel fiume-palude.




Arrivo a casa che sono le 3.30.

E decido, così, per curiosità, di pesarmi:

ho perso un chilo.

26.7.12

Io amo la grammatica, e tu?

Sono tornata da un mese esatto.

Subito catapultata a fare la dichiarazione dei redditi, a abituarmi a vivere senza mensa e a mettermi a dieta, a ricominciare immediatamente a lavorare senza prendere fiato fra le elementari slovene e l'università spagnola. Che il livello linguistico non è poi così diverso.

Che abisso fra come si imparano, studiano e usano le lingue in certi Paesi e in altri.

Io faccio il mio dovere di prof. in ogni circostanza e oggi alla fine agli esami sono andati tutti piuttosto bene, anche se con alcune tipiche influenze del murciano e alcune lacune grammaticali in spagnolo che producono risultati in italiano come questi:

Io: A che ora ci vediamo Pepita?
Pepita: ci vediamo allA 8.

Io: No, Pepita, si dice allE 8, le 8 è plurale, come in spagnolo.
Pepita (interdetta): no, in spagnolo non è plurale. Si dice a lA 8.

Pepita è murciana e a Murcia si mangiano le S del plurale.
Tanti stereotipi sugli spagnoli tutti S, S, S e poi arrivi a Murcia e di S non ce ne mettono neppure una per sbaglio.

Così se ragazza si dice chica, ragazze dovrebbe essere chicas, ma a Murcia è chicA, con una A a bocca larga che qua indica il plurale.
Lo indica però incoscientemente, tanto che la cara Pepita sopracitata non distingueva il las plurale di prima e per lei quindi l'ora aveva un bel lA singolare.

I murciani si mangiano pure le D nel mezzo delle parole, non dicono TODO (tutto), dicono TO', non dicono CADA (ogni), dicono CA'A.

A volte mi sembra che il murciano sia un po' come il romanaccio, perché
el gato si trasforma in er gato e mi sento come se fossi a Garbatella.

Poi la grammatica mi pare che in questi anni latita.

Non sopporto il scritto con l'accento, cavoli, è po', ma molti non lo sanno.
Non tollero un'amico scritto con l'apostrofo, ma chissà la regola degli articoli chi la sa.

E in spagnolo mi sono resa conto che gli accenti, che mi fanno tanto penare perché li mettono da tutte le parti e non solo sull'ultima sillaba, in fondo sono utili a capire e a distinguere.

L'amica di Pepita, Fulanita, sulla composizione di italiano mi scriveva:

Il è molto bello.
Il per lui.

E io gli dico: Fulanita, guarda che in spagnolo ci sono due tipi di EL,
el articolo (il) e él pronome (lui). La Fulanita mi guardava con gli occhi sgranati. come a dire: ma che mi racconta 'sta straniera?

Io, da quando la insegno, la grammatica la amo.
Poi a volte scrivo a cavolo, tralascio i congiuntivi, e ricorro al passato remoto enfatico per narrare le vicende di soli 10 anni fa.

Però poi vedo in giro tutti questi aspiranti professori di lingue, di italiano all'estero. E allora, prima ancora di spiegargli come ci si abilita, come si trova lavoro, che certificati tocca avere (a questo argomento dedicherò un altro post prossimamente) gli chiedo:

Senti, mi spiegheresti la regola dell'articolo determinativo?
O magari gli usi del bistrattato congiuntivo?
O che ne dici di preparare una bella unità didattica sul CI o sul NE?

Certo, imparati non si nasce, ma insegnare mica è una passeggiata o un lavoretto-rifugio perché non si trova altro.
Avevo già scritto di questo tema qui.

Perché se poi tu non sai insegnare le conseguenze se le portano appresso i tuoi studenti, e poi si ritrovano con me e io non voglio essere la stregabocciatutti.

Grammaticate, gente, grammaticate.

24.7.12

E tu come ci sei finita qui?

In questi giorni, dato che sto cercando di affittare una stanza di casa mia, mi ritrovo a parlare con molti sconosciuti, sia di persona che su internet.

E la domanda sorge sempre spontanea: e tu (straniera con accento assurdamente murciano) come ci sei finita qui?

Che chiesto così non è neppure bello, perché ingloba la parola fine, finita, non hai via di scampo, scappi scappi, ma sempre qui torni cara mia.

Facciamo che oggi vi narrerò allora come ci sono ARRIVATA qui (a Murcia, in Spagna, per cui si collegasse per la prima volta!), che non è detto che io ci rimanga, anzi, visti gli stipendi dimezzati e l'IVA che cresce al galoppo, me ne andrei pure domani.

In ogni caso per raccontarvi del passato potrei cominciare:

- da quando in III media a scuola dalle suore erano arrivate le novizie dell'Ecuador, e parlavano solo spagnolo e io volevo capirle e allora settimanalmente mi compravo Lo Spagnolo per tutti e mettevo i nomi spagnoli a tutti i miei amici, Lucas, Marcos, Juan, Estéban, e anche agli animali dei poster del Corriere dei Piccoli di mia sorella, per esempio il topo Augustín Arsenio Juan María de Castilla.
E mi ascoltavo le cassettine e ripetevo:
¿Vas a Correos?
Sí, ¿Y tú?
Voy a la Universidad.

- o da quando facevo Giurisprudenza e invece di studiarmi i mattoni di diritto privatopubblicocostituzionalecivileecclesiastico, mi ero segnata a un corso di spagnolo, e avevo imparato durante la prima lezione che verano in spagnolo significa estate, e non nome del cimitero monumentale di Roma.
E mi sparavo 6 ore di laboratorio di seguito, e vedevo un'assurda serie televisiva appositamente creata per stranieri, che parlava di Juan el pardillo (lo sfigato) e Carmen la buenorra (la gnocca), che giravano insieme tutta la Spagna, senza che lei si rendesse conto che lui si struggeva di pasión per lei fin dall'inizio.

- o forse da quando mi leggevo i libri di Isabel Allende e mi copiavo sul diario le poesie di García Lorca.

Però io l'Erasmus lo volevo fare a Londra.
Sì, Londra.
Io dall'animo scozzese me ne sarei andata in Inghilterra, e magari sarei ancora lì, se non fosse che, negli anni '90, una sterlina equivaleva a 3000 lire ed era proprio proibitivo, perché con i soldi della borsa non ci avrei potuto neppure pagare una stanza.

E poi per caso ero sull'autobus a Roma, stavo andando a teatro, e avevo visto una pubblicità di campi di volontariato Legambiente. E io volevo andare in Grecia, ma non c'era posto, e allora su qualche altra isola o a sud, ma niente da fare. C'era rimasto solo un campo per il nord della Spagna.

E avevo convinto un'amica a partire, e quello è stato il mio primo contatto reale con la Spagna, dopo due anni di Lingue all'università (dopo aver mollato giurisprudenza).
E avevamo fatto una specie di interrail fermandoci a Lloret de Mar (che se solo ci ripenso mi vengono i brividi) e poi a Barcellona, e Tarragona, dove ci avevano sbauttute giù dal treno, e avevamo dormito in stazione a Reus, e poi su a Madrid, per finire al campo a Dueñas, uno sperdutissimo paesino, fra Valladolid e Palencia.
E mi ero scassata un braccio e invece di portarmi all'ospedale mi avevano portato dal veterinario.
E scoprivo lo spagnolo studiato con i libri e con le cassettine in accenti di volontari provenienti dalla Castilla y León, dalla Cantabria, dal País Basco, dall'Andalusia e ... da Murcia.

E poi al ritorno in Italia, l'anno dopo, quando mi ero messa a compilare i moduli dell'Erasmus io  pensavo di andare a Barcellona, però ci voleva il catalano.
E poi pensavo di andare a Siviglia, però la borsa era solo di 6 mesi, non di 9.
E allora avevo ripensato ai murciani conosciuti a Dueñas, con uno ero pure ancora in contatto, ci scrivevamo lettere, e lui aveva promesso di aiutarmi a cercare casa.

E così per lettera io avevo concepito la mia vita a Murcia, con lui che mi mandava i ritagli di giornale con gli annuci di case in affitto, perché mica c'era internet e io che non sapevo neppure che Murcia fosse una comunidad autónoma (Regione) e pensavo che fosse in Andalusia.

Eccomi qua da giovine, all'arrivo a Murcia, esattamente 13 anni fa.


Dunque non lo so esattamente come ci sono arrivata qui ...
Sarà stato il caso, sarà stato il destino, sarà sempre un amore-odio, sarà la mia fine, sarà un nuovo inizio questa volta, una volta ancora?

E voi come ci siete finiti dove siete?

21.7.12

Cerco coinquilini ...

L'anno scorso di questi giorni cercavo casa.
Stavo per trasferirmi in Slovenia e vagavo su internet un po' preoccupata alla ricerca dell'appartamento e del coinquilino perfetto.

Da un mese sono ritornata nel vecchio appartamento a Murcia dove vivo dal 2007.
E tocca a me mettermi alla ricerca di coinquilini, perché da settembre sarò sola.

E qui cominciano a porsi i problemi.
Perché quando ero giovane non è che me ne fregasse molto con chi vivevo.

Così ho condiviso casa con gente di tutti i tipi.
Leggere per credere.
http://comeniusinslovenia.blogspot.com.es/2011/11/coinquilini-i-parte.html

Poi dopo alcune esperienze con folli pericolosi,`per esempio questi
http://comeniusinslovenia.blogspot.com.es/2011/11/coinquilini-ii-parte.html
ora ci vado coi piedi di piombo.

A Murcia negli ultimi anni ho avuto abbastanza fortuna.
A Lubiana mi sono innamorata di un appartamento perfetto per me e io e la mia coinquilina, seppure diversissime, abbiamo convissuto senza mai litigare per 10 mesi.

Ora però tocca a me cercare coinquilini.
Selezionare.
Scartare.
Spaventare con le mie assurde richieste.

Perché a me non importà l'età.
Non mi importa se il coinquilino è maschio o femmina.
La nazionalità è indifferente.

Basta il futuro coinquilino sia silenzioso e non puzzi.

Vabbè, detto così sembra un po' riduttivo.
Però c'è qualcosa nel mio annuncio che li spaventa.
Forse l'incipit.

In questa casa è proibito fare feste ...

Sì, comincia così!
Ho una certa età.
Ho vissuto in appartamenti fiesta fiesta già parecchie volte.
Non mi voglio svegliare e camminare su un pavimento appiccicoso.
Non voglio andare in cucina e trovare le macerie di un'ubriacatura collettiva.
Non voglio passare per il salone e trovare sconosciuti stravaccati sul divano.

Vabbè una cena ogni tanto, e certo si possono pure festeggiare i compleanni, e perché no, il carnevale o la Pasqua. Però feste il mercoledì che si protraggono fino alle 6 di mattina, o il salone invaso da maschi invasati a giocare alla playstation tutta la notte, o le serate a giocare al poker facendo le ore piccole, per favore no!

Poi continua con:

In questa casa è proibito fumare ...

Io sono allergica, odio il fumo e quindi meglio patti chiari amicizia lunga che ritrovarsi coinquilini che fumano di nascosto in bagno.

Poi aggiungo che:

Preferisco gente silenziosa e che rispetti la privacy

Insomma, viviamo in un bellissimo comprensorio tranquillo, dove la mattina ti sveglia il cinguettio delle rondini. I vicini non si vedono e non si sentono e vorrei evitare che per colpa di qualche scalmanato chiamassero la polizia.
Niente musica forte, niente urla per il corridoio, niente zoccoli a mezzanotte.
Che già di per sé la Spagna è un Paese a elevato numero di decibel, vorrei evitare di essere assordata pure in casa.
E la regola minima del rispetto delle porte chiuse dovrebbe essere chiara a tutti, ma a certi non entra proprio in zucca che se sono in salone o se ho la porta aperta ho voglia di socializzare, ma se sono in camera con la porta chiusa magari sto dormendo, o sto lavorando, o semplicemente mi va di stare per i fatti miei.

E poi continuo con:

Questo appartamento rispetta l'ambiente : recicliamo carta, vetro, plastica, medicine, batterie, abiti usati.
Spegniamo le luci e lo scaldabagno quando abbiamo finito di usarli o prima di uscire di casa.

Perché poi uno non è che si può lamentare delle bollette salate se si lascia tutto accesso a tutte l'ore!

E non bisogna poi dimenticare che:

Qui abbiamo i turni delle pulizie delle zone comuni. Rispettali!
I piatti si lavano tutti i giorni, non una volta a settimana o quando li hai esauriti tutti!

A me sembrano cose di normale amministrazione, ma dato che ho visto cose che voi mortali neanche potete immaginare, penso che ci sia gente a cui non importa se le cucarachas (scarafaggi) invadono la casa e banchettano con i resti del pranzo di tre giorni prima, altre personoe che dormono pure se scoppia la III guerra mondiale o se gli organizzano un rave in casa, altri che non aprono mai le finestre neppure per sbaglio e che sono abituati a vivere nella puzza.

Poi certo il mio sogno potrebbe essere vivere con vegetariani, multilingue, che si levano le scarpe appena entrati in casa (come si fa in Slovenia e in molti altri Paesi in cui non si vuole trascinare lo sporco di strada in casa). Con cui parlare, con cui organizzare cenette multietniche, con cui andare al cinema con la mia tessera gratis.

Insomma, ci sarà qualcuno là fuori che cerca un posto così?

E voi, quando avete dovuto condividere casa, quali erano le cose che proprio non sopportavate? Secondo quali criteri selezionavate i coinquilini?

19.7.12

Sexy? No, grazie! Il ritorno di BataMan.

È estate, ma io inneggio al freschetto notturno.
Mi piace svegliarmi di notte per chiudere la finestra.
Non mi era mai successo prima d'ora qua nel deserto.

E allora per scaramanzia faccio finta che sia inverno e vi dedico il seguito del post di ieri, per parlarvi della bata (vestaglia) e delle zapatillas de estar por casa (pantofole).

Alzi la mano chi di voi possiede una vestaglia!

Io prima di arrivare qua la vestaglia l'avevo vista indosso solo alla mia bisnonna ultraottantenne quando ero piccola. Insomma, un retaggio dell' 800 portato appunto da (bis)nonna Menica (Emilia) nata 80 anni prima di me, nel 1896.

Poi sono arrivata in Spagna.
E mi sono ritrovata ad avere un fidanzato spagnolo (ora ex).
Che a volte rimaneva a dormire a casa mia.

Però quella che mi è rimasta più impressa è stata la mattinata seguente a una notte del novembre 2001.
E non per la pasión caliente spagnola.
Macché!
Bensí perché lui al risveglio si è messo la bata.

Di quelle a quadri scozzesi, che fanno le pallette di lana e fanno drizzare i capelli per l'elettricità statica.
Di quelle da ospedale, con le suore.



Il trionfo dell'antisexy!
Credo di avergli riso in faccia.

Insomma, l'uomo spagnolo, che di giorno va in giro con la camicia aperta e la catenozza col crocifisso d'oro, di mattina quando si sveglia si trasforma in Villa Arzilla (per gli stranieri che leggono, guardate qua).

E se proprio volessimo ammazzare l'ultimo ormone sopravvissuto, basta guardargli i piedi.

Perché le ciabatte saranno di quelle che non avevo mai visto neppure ai piedi di matusalemme.


Insomma, care ragazze non spagnole, se di sera vi rimorchiate un giovane aitante ispanico dalla sangre caliente, sappiate che, come Cenerentoli, questi machos si trasformano la mattina dopo in abuelos (nonni), o forse niños (bambini) e l per colazione esigono un bel bicchiere di latte e colacao (che è il Nesquik spagnolo, ma di questo parlerò un'altra volta).


* Ora mi tocca però confessare che la bata ce l'ho anche io, celeste con tante zampette di cagnolino stampate sopra. Comprata in Scozia, dove però il riscaldamento in casa ce l'avevo, è diventata classico della moda dicembre-gennaio qui a Murcia, e mi fa sembrare un sacco di patate calpestato dalla Carica dei 101.

18.7.12

È arrivato l'inverno

Sì, è arrivato.
E io che mi lamentavo e parlavo dei fantomatici 53 gradi di due estati fa.
Macché.
Si respira, non si suda, alle 3 di pomeriggio il termometro non supera i 35-37.
E ieri nuvole. Niente pioggia perché qua non piove mai.
Però poi di notte ha fatto freddo.
Che ho dovuto chiudere la finestra e coprirmi con il lenzuolo.
E mi sono svegliata con il mal di gola.

Vabbè, no, magari il mal di gola è dovuto all'aria condizionata, che qui sparano a palla in tutti i negozi e centri commerciali.
Io ne evito addirittura alcuni, tipo il rinomato Corte Inglés (tipo la Rinascente italiana) perché quando ci passi davanti i pinguini e gli orsi polari ti rincorrono fino in strada, ammaliandoti con promesse di 15 gradi e nebbiolina ghiacciata.

Poi c'è il contrario.
L'inverno vero.
Che qua a Murcia non è che esiste.
Insomma, fa caldo da maniche corte fino a ottobre, poi felpetta a novembre e giacca magari a dicembre e gennaio. A febbraio già è primavera e a marzo estate. Da aprile a settembre normalmente si schiatta.

Dato che l'inverno è così corto sono pochissime le case con i riscaldamenti.
Al massimo hanno l'aria condizionata che funziona pure da aria calda.
O hanno el brasero.

E in onore all'inverno di questa notte, oggi voglio parlarvi proprio del fantomatico brasero, che in italiano traducono braciere, ma che non ha più niente a che fare con la brace.

Trattasi del moderno nipote dei carboni ardenti di 200 anni fa, del novello amante delle vene varicose, del giusto completamento dei tavoli bucati!

Io quando sono arrivata in Spagna non capivo proprio il senso di 'sti tavoli con il buco in centro e coperti da faldones, cioè una tovaglia spessa, lunga a toccare terra e dai colori stile ecclesiastici.



Non sapendo cosa fosse el brasero mi congelavo nella mia stanzetta priva di riscaldamento e a dicembre-gennaio studiavo coi guanti, la sciarpa e il cappello.
Vivevo con altri stranieri e nessuno di noi aveva mai visto questo:

Il famoso brasero rosso, a ricordare il fuoco delle caverne.

L'ho scoperto solo dopo mesi e mesi in Spagna quando una volta ho invitato uno spagnolo a casa e lui, felice e contento, si era seduto sul divano e si era tirato su le falde della tovaglia fino al mento, sperando di trovarci il tepore di un brasero sotto. Ma noi non ce l'avevamo.

Poi tre anni dopo sono andata a vivere con tutti spagnoli.
Io lavoravo 13 ore in un ristorante e loro non è che lavorassero molto.
Vivevamo a Granada, dove in inverno fa un freddo allucinante, ma ovviamente i riscaldamenti non c'erano.

E loro, annoiati, mi attendevano a notte fonda, quando rientravo distrutta e puzzolente dal lavoro, per giocare a parchis (di questo gioco parlerò un altro giorno) tutti vicini vicini intorno al tavolo del brasero.

Io, che ero stata tutto il giorno in piedi,  avrei decisamente preferito farmi una doccia e crollare, ma loro volevano che gli raccontassi le mie storie e figuracce da cameriera, mentre le pedine giravano sul tabellone.

E io lì il brasero ho cominciato a odiarlo.

Perché ti riscalda le gambe fino a 50 gradi, però il resto del corpo è gelato.
Perché senti che le vene sono in ebollizione, i piedi si gonfiano come patatozze, mentre il resto del corpo trema dal freddo e in testa porti il cappello di lana.

A me il brasero faceva venire gli spasmi alle braccia, mi sentivo tipo pentola a pressione nelle estremità inferiori e frigorifero dal tronco in su.

Ma dico io, non lo sapranno che fa male questo contrasto di temperatura?

E quando ti alzi da tavola e passi da 50 gradi e 5 c'è il rischio di andare in depressurizzazione?

Preferisco soffrire il freddo piuttosto che avere il corpo bipolare.


15.7.12

La señora Tortilla de Patatas

Sto a dieta da ormai due settimane. Ho perso circa due chili e a chi mi chiede: come hai fatto?
dico tristemente che ho mollato gelati, torte, biscotti, pane, pasta, patate e qualsiasi altra cosa di cui mi ero abbuffata nei 10 mesi prima di tornare qua.
Praticamente bruco come le mucche o mangio pastoni come i porcelli.
Ops, però quelli sono animali ciccioni, non sarà che a forza di mangiare verdure scondite e papponi di avena divento una porca vacca?

In ogni caso, dato che non magno, fatemi almeno parla' di cibo!

Oggi parliamo di un altro classico della cucina spagnola: la tortilla de patatas.
Che tradotto è frittata di patate, ma che non c'entra davvero niente con le misere frittatine italiane.

Foto a confronto:

Questa è la frittata di patate che si fa a casa mia.
Mia nonna, (quella dell'aglio nei polpettoni per capirci) non è mai stata bravissima in cucina. A casa sua da piccola mangiavo pasta al sugo, pasta burro e parmigiano, uovo al tegamino, hamburger o, se proprio voleva esagerare, la suddetta frittata di patate.
Con le patate fritte galleggianti in superficie. A pezzi interi. Fatta in 5 minuti. Fina fina. Mai mangiata con il pane. Mi piaceva. Finché non ho conosciuto la señora Tortilla de Patatas!

Guardate qua:


Sì, la tortilla de patatas è alta un palmo!
Ci si mette parecchio di più a prepararla, ogni casa ha la sua ricetta e ogni spagnolo che si rispetti dibatte calorosamente sulla migliore tortilla.

Quella della madre, quella de la abuela (nonna), quella del bar de tapas preferito.
E poi ognuno ha le sue opinioni sulla temperatura dell'olio, sulla padella, sul fatto di aggiungerci o meno la cipolla. Sulla consistenza, sulla cottura delle patate, sulla doratura, su come rigirarla.

Ve l'ho detto che in Spagna è difficile essere vegetariani, figurarsi vegani con le uova presenti dappertutto.
Update 2016: fortunatamente i vegani spagnoli si sono dati da fare e ora in un sacco di posti si può provare una buonissima tortilla de patatas vegana, ebbene sì, senza uova! La mia preferita è quella del B13 di Madrid, ma anche quella di Gopal di Barcellona è buonissima!

Per mangiarsi la tortilla spagnola bisogna pure allenare il palato.
Perché se sommiamo ai 5cm di spessore della frittatona anche il pane, come riusciremo mai a dare un mozzico al bocadillo de tortilla (panino con la frittata) e ficcarcelo in bocca?

La ricetta vegana la trovate qui

Quello che mi fa ridere è che la frittatina semplice, quella solo con uova, olio e sale, gli spagnoli la chiamino tortilla francesa. Come per dire che i francesi mangiano poco, che sono come passerottini, che sono così, molto minimalisti, anche nel mangiare.

Noi italiani la chiamiamo omelette solo se ci sentiamo un po' snob e comunque di frittate e uova di vario genere non è che se ne vedano molto in giro per i ristoranti.

Invece los huevos fritos sono un altro classico della cucina spagnola, e spesso parte integrante dei platos combinados, cioè dei megapiattoni di cibo che si trovano nei ristoranti più caserecci e che offrono un tripudio di carne o appunto uova fritte, con contorni di patatine fritte o crik crok e una verdurina non ce la trovi neppure per sbaglio!



Alla faccia della sana dieta mediterranea.

Un'ultima chicca: l'olio che si usa per friggere le tortillas, le uova o qualsiasi altra cosa non si butta!
Si conserva e ci si rifrigge!

Chissà se le cañas funzionano da stura-arterie.

14.7.12

Gli spagnoli antivampiri: aglio, amore mio!

Vi avevo promesso che vi avrei parlato di un'altra importante tematica della vita spagnola: el ajo (l'aglio).

Vi ricordate che Victoria Beckham, quando si era trasferita a Madrid con il maritino, si lamentava che la Spagna puzzasse d'aglio? Beh, c'aveva ragione.

Io l'aglio non lo tollero, mi fa venire il mal di testa, non mi fa dormire di notte.
Sì, sarà pure un elisir di lunga vita (prova ne è la mia prozia ultraottantenne che si strofina l'aglio sul pane bruscato a colazione e lo mette in tutto ciò che mangia e al massimo dimostra 70 anni), però io non lo sopporto.

Forse perché mia nonna quando era piccola ci mandava tutti in overdose agliosa con i suoi polpettoni e polpettine che contenevano più aglio che carne. E quando le dicevamo di non mettercene così tanto, lei fingeva di non averne usato per niente. E invece con l'alito avremmo potuto stroncare Dracula e tutta la sua discendenza.

Beh, la Spagna sarebbe il Paese ideale per mia zia e mia nonna.

Mi ricordo che, quando ero in erasmus, una sera io e la mia amica Cla eravamo uscite con degli spagnoli. Di solito uscivamo fra erasmus e quindi certi piatti della cucina locale non li ordinavamo mai perché non sapevamo proprio che esistessero. E invece quella sera, eccotele là, le famose patatas con ajo.

Le patate possono essere tagliate a tocchetti, o a fette, non importa.
L'importante è la salsetta d'aglio che le accompagna.
Trattasi di una specie di maionese che trae in inganno gli stranieri.
Io all'epoca di quella cena mica ci avevo pensato che avrebbe potuto essere una salsa antivampiro.
Avevo trangugiato la patatozza quasi intera, e solo al momento di masticare mi ero resa conto che non si trattava di maionese ma di alioli.
http://it.wikipedia.org/wiki/Aioli


E quella sera avevo pure un appuntamento romantico dopo cena, senza possibilità di passare a casa a lavarmi i denti. Tragedia.
Perché gli spagnoli se lo mangiano tutti l'alioli e poi si sbaciucchiano fra di loro e nessuno ci fa caso, ma io che forse sono un po' vampira (sono vegetariana, ma ho i canini che ci potrei squartare un mammut) i baci all'aglio proprio non li sopporto.

E l'alioli che avanza dalle patate se lo spalmano addirittura sul pane, manco fosse nutella, tanto che lo vendono pure al supermercato, e lo trovate nei frigoriferi di quasi tutte le case.



In una certa epoca della mia vita spagnola vivevo in una cittadina fuori Murcia.
All'entrata della città c'era una fabbrica in cui si lavorava appunto l'aglio.
Io sniffavo l'aria come un segugio pronta ad attapparmi naso e bocca finché non fosse passata la zona pestilente.
E chi era con me in macchina a quell'epoca mi diceva che ero una exagerada, che era impossibile, che mi facevo suggestionare.
Allora per un po' volte, tipo una decina, abbiamo fatto la prova.
Io mi tappavo gli occhi, e non sapevo da che entrata saremmo arrivati in città e sniffavo l'aria.
E zacchete, ogni volta che passavamo davanti alla fabbrica incriminata io lo sapevo, dal collasso automatico dei miei polmoni.

L'ultima volta che ho mangiato qualcosa con aglio è stato 2 anni fa.
A un tipico bar de tapas, i miei coinquilini e il cameriere mi hanno ingannata dicendomi che le patatas al ajo cabañil non erano assolutamente come quelle con alioli.

E ti credo! L'ajo cabañil è invece questo, una salsetta fatta con teste d'aglio, aceto, acqua e sale.
Mi avevano convinta che il sapore era più suave (blando, leggero) e dato che le patate arrivavano dopo una lunga serie di cañas, io ci ero cascata in pieno.

Gli spagnoli devono avere la lingua ricoperta di acciaio inossidabile.
Io no e dunque, patate trangugiate e rivomitate appena arrivata a casa.
Stomaco in fiamme, emicrania, impossibile dormire.

Ora conoscete il mio punto debole: se qualcuno vuole farmi fuori, basta un diente de ajo!

13.7.12

I misteri della birra spagnola

Dato che nelle prossime 3 settimane non prevedo avventure o viaggi, ho deciso di intrattenervi con post culturali-sociali, toccando tematiche profonde quali i semi di girasole (vedi qui), l'aglio (prossimamente su questi schermi), l'igiene intima (eh sì, da brava italiana nei prossimi giorni mi toccherà parlarvi del bidet), li porcelli a tre zampe e altra roba tipica spagnola.

Io non ci faccio più caso, o meglio, non ci facevo più caso, perché vivo a Murcia da un'infinità.
Però ora sono tornata da un anno fuori, in cui ho praticamente tentato di rimuovere dalla mia memoria la penisola Iberica e quindi certe cose mi colpiscono di nuovo, come fossi appena arrivata.

E così oggi vi parlo della cerveza, ovvero la birra. In tutti i suoi formati e tipi. E magari anche di stuzzichini tipici.
Molti di voi saranno stati in Spagna e avranno scoperto che zitti zitti gli spagnoli bevono quanto gli inglesi o i tedeschi. Ma bevono mangiucchiando e allora non è lo stesso.

A Murcia, quando ci si riunisce per bere qualcosa insieme, la prima cosa che si fa è chiedere una caña, che si pronuncia cagna, ma non è mica un insulto o un animale, è un bicchierino di birra, da circa 150ml.


Il perché di queste mini-birre è giustificato dal fatto che, con il caldo che fa, una birra più grossa in estate diventerebbe minestra dopo 2 minuti, invece la caña fresca fresca va giù come fosse acqua.
E a volte costa pure meno dell'acqua.

Se si è in parecchi 5 4 almeno 3, conviene quasi di più prendere una jarrita, cioè una caraffa da mezzo litro (3 cañas e passa) o una jarra da 1 litro (7-8 cañas). Perché comunque la prima caña si butta sempre giù tutta di un sorso e con la seconda si spizzica.

E che si mangia?
I murciani, oltre ai semi di girasole, che caratterizzano più le riunioni casalinghe o ai giardinetti e le schifose corride, quando sono seduti a un bar chiedono immancabilmente:
- olive ripiene di acciughe (ho già detto qua come essere vegetariani/vegani in Spagna è un po' particolare)
- mandorle fritte e salate
- patatine crik crok con spremuto sopra un limone, un'aggiunta di pepe e olive di contorno e a volte anche boquerones, che sono acciughe formato mega.



Gli spagnoli amano le patate e quelle fritte in busta fanno parte della loro dieta quotidiana. Alla faccia della ritenzione idrica.

Per non parlare poi della frutta secca (pistacchi, noci, nocciole, noccioline ...) e delle onnipresenti mandorle fritte.
A questo proposito ho un bell'aneddoto da raccontare: la stessa tipa che aveva cercato di avvelenarmi mettendomi il bacon tagliato fino fino nelle lenticchie, in un'altra occasione mi aveva rivelato che le mandorle bisogna friggerle e salarle perché sennò sono velenose!!!
Immaginatevi la mia faccia con una mandorla secondo lei cruda in mano (ma era tostata!), che non sapevo come dirle: signora mia, cioè se friggo una vipera non è più velenosa? Se mi bevo un bicchiere di cicuta fritta mi funziona da antidoto?

Poi ciò che può confondere uno straniero appena arrivato sono i nomi che danno alle birre in bottiglia.
Se li sentite parlare di 1/3 e 1/5, non è che stanno ripassando le frazioni.
No, stanno ordinando una birra da 330ml o da 200ml.
Questi 1/5 poi nei bar/pub vengono pure offerti in secchielli (cubos) con ghiaccio da 8 a prezzo speciale di 12 euro. Matematica alcolica!



E poi ci sono le bottiglie da un litro, affettuosamente chiamate litrona.
Le trovate nei frigoriferi di tutte le case spagnole, le vendono pure in certi bar di periferia, e sono la misura di birra preferita per gli amici che si riuniscono a bere ai giardinetti di sera mangiando pipas.

E la birra non è solo una cosa da ragazzini, da giovincelli, da trentenni. Qua anche le alunne dell'età di mia mamma che ho avuto si ubriacano allegramente a base di cañas, tercios, quintos, e compagnia bella.

C'è pure la birra senza alcool, che secondo me fa un po' schifo, sa di lattina anche se in bottiglia. Però una spagnola incinta o uno spagnolo che deve guidare non possono certo rinunciare al piacere di una cervecica (birretta) d'estate.

Per non parlare del fatto che ho visto gente bersi la prima birra all'ora dell'almuerzo, lo spuntino di metà mattina, cioè verso le 11.

E io che ora non bevo più birra (promessa di quest'anno: niente birra e niente crik crok) sono el bicho raro (l'animaletto strano) con i miei succhi di frutta che qua ai bar non se li fila nessuno.

11.7.12

Questione di lingua: pipas e gelato.

A insegnare italiano A1, cioè livello terra terra, a futuri erasmus spagnoli che a settembre voleranno in Italia, mi torna in mente quando arrivai io in Spagna nel 1999 e nella retina mi si riproiettano le immagini delle mie figuracce o lampi di genio di quei tempi, manco fossero un film d'epoca.

Gli spagnoli mangiano un sacco di pipas, che non sono altro che semini di girasole.
Ora, io prima di arrivare in Spagna avevo visto bruscolini, noccioline, mandorle. Ma le pipas mai.
Cioè, mai nel reparto alimentazione umani, perché ne avevo viste invece nel reparto mangimi criceti e uccellini.

Insomma, arrivo fresca fresca in Spagna e comincio a notare che vicino alle panchine ai giardinetti, o magari alle fermate dell'autobus è pieno di bucce di pipas.


Medito medito e penso: ahhhh, guarda un po' tu gli spagnoli, si portano in giro il criceto al guinzaglio.

Convintissima, vi giuro.
Scrutavo le strade alla ricerca di criceti a passeggio coi padroni.

Ci ho messo qualche giorno settimana mese  a capire che erano gli umani a mangiarsi i semini di girasole. In Spagna è una passione nazionale, i semi di girasole li vendono spellati, o con la buccia, salati, piccoli, grandi. In confezioni tascabili o da un chilo. Al supermercato, dal giornalaio, nelle macchinette automatiche all'università, davanti alle arene quando c'è la disgustosa corrida.
Semini per tutti i gusti.

E bisogna cominciare a mangiarselele da piccoli le pipas, perché tocca imparare il trucco per sbucciarle senza mani. Lo spagnolo tipo acchiappa una pipa, ne rompe un'estremità del guscio coi denti davanti, e poi non so che tipo di centrifuga avranno in bocca, ma la girano e la rivoltano con la lingua e sputacchiano il guscio. E via con la prossima.

Un po' come il cono gelato per noi.
Non li vedete in giro gli stranieri con un gelato che gli cola fino alle ginocchia, i gomiti e gli inzacchera tutta la faccia e le scarpe?
Succede perché non si sono allenati da piccoli. Noi italiani sì.
Datemi un cono (aggiornamento 2013: vegano) da 3 gusti e panna e io lo faccio fuori in 3 minuti, senza che coli, macchi, sbavi.

Questione di lingua!




10.7.12

Vegetariani in Spagna? Che tragedia!

Ieri sono andata a pranzo fuori.
In realtà non avevo voglia di mangiare, faceva troppo caldo, volevo solo accompagnare un mio amico che aveva la pausa pranzo e poi tornarmene tranquillamente a casa ed andare a fare la spesa (dato che in frigo mi erano rimasti 3 yogurt in croce e 3 cetrioli).

In ogni caso anche se avessi voluto mangiare si sarebbe ripresentato il problema che ho un sacco di volte in Spagna.

Qua non è molto chiaro il concetto di vegetariano.

Conversazione tipo in un ristorante/bar de tapas:

- Che avete per vegetariani?
- Ah, per vegetali? Una bella insalata ...
- Ma c'è il tonno, no?
- (Sguardo confuso) Beh, sì.
- Beh, il tonno è un animale ...
- (Occhi strabuzzati, della serie: ma nooo, il tonno è una verdura! Oppure: ma no, è tonno in scatola ...)

Ricordatevi che se in Spagna ordinate un bocadillo vegetal (panino vegetale) ci sarà nel 90% dei casi il tonno! Io tutti 'sti alberi di tonno in giro non li ho visti però ...

E la maggior parte della gente che qui mi dice: ah, anche io sono vegetariano/a, mangia il tonno, i frutti di mare e pure il prosciutto.

Una volta ho conosciuto un ragazzo vegetariano.
Era la prima volta che ne conoscevo uno qua in Spagna, e fra l'altro non eravamo neppure in città. Ero davvero sorpresa. Mi parlava delle sofferenze animali, del rispetto per la natura. A me brillavano gli occhi (anche se la sua fidanzata era là presente).
Beh, ordiniamo un pranzo a domicilio. Bocadillos (sì, ancora panini). Il suo?
Con lattuga, pomodoro ... e prosciutto.

Io esterrefatta.
E lui mi spiega che il prosciutto non era carne e che comunque se tagliavano una zampa al maiale (con anestesia?) mica moriva!
Insomma, per i vegetariani spagnoli la Spagna deve essere piena di porcelli a tre zampe.

Qua poi tantissimi piatti vengono revueltos con le uova.
Io non le compro quasi mai, e non mangio fuori quasi mai.
Ma quando mi capita se proprio non ho altra scelta mi butto su un revuelto.
Li fanno di funghi, di asparagi, di un sacco di verdure.
Però una delle ultime volte mi sono scordata di chiedere se contenesse animaletti morti. In uno c'era anche la pancetta, nell'altro i gamberetti.
E il cameriere non capiva proprio il mio sconcerto, secondo lui erano piatti totalmente vegetariani.

Una volta poi ho mangiato a casa di una famiglia spagnola.
Specificando che non mangio né carne, né pesce, né frutti di mare.
Ma qua tocca specificare tutto tutto tutto.
Mangiavo le mie lenticchie e il sapore era strano. Di carne.
Mi veniva da vomitare.
Allora chiedo alla signora se era proprio sicura sicura che non ci fosse carne.
E lei: solo un po' di bacon, ma l'ho tagliato a pezzi piccoli piccoli.

Per non parlare della gelatina di pesce.
Quella con cui fanno pure la colla per attaccare i cartelloni pubblicitari per capirci. Beh, qua la schiaffano in tutti gli yogurt per bambini, in tutti i budini, e anche in alcuni formaggi. Mi tocca sempre portare la lente di ingrandimento e leggere gli ingredienti uno a uno.

E lo strutto (manteca de cerdo) è ancora ingrediente fondamentale di quasi tutti i dolci e di molti prodotti di panificio. 

E Murcia è la huerta (l'orto) d'Europa, ve l'ho già detto.
Qua hanno pomodori, peperoni, cetrioli, zucchine, melanzane, agli, cipolle e tantissimissime altre verdure.
Però niente da fare, la differenza verdura-non verdura non è chiara.

E menomale che non sono vegana. (lo sono diventata il 3 ottobre 2012)
Perché sennò mi potrei davvero dare al digiuno nel deserto. (e invece no!)

8.7.12

Riflessioni sugli amori erasmus (ITALIA - SPAGNA)

******** OCCHIO CODINE DI PAGLIA, PRENDETE QUESTO POST CON LA GIUSTA DOSE DI (AUTO)IRONIA *******

Le lezioni  procedono bene. Ho una classe di 16 ragazze e 3 ragazzi, e 17 di questi studenti andranno in erasmus in Italia. Mi sento dunque in dovere di mettere in guardia le spagnole in questione riguardo alla pericolosità di alcune situazioni in Italia:

- il lessico geografico-atmosferico: quando un ragazzo italiano ti dice che i tuoi occhi sono azzurri come il mare in tempesta, i tuoi capelli del colore delle spighe di grano d'estate, e attraverserò mari e monti, tempeste ed uragani per stare con te, tocca correre ai ripari.

Gli spagnoli in fatto di rimorchiaggio sono tragici.
La tipica frase per rimorchiare è ¿estudias o trabajas? (studi o lavori?) che fra l'altro vista la situazione economica della Spagna dovrebbe essere trasformata in Sei disoccupato o vivi con i tuoi genitori?
Insomma, gli spagnoli nonostante il loro fare macho-cavalieretemplare, quando si tratta di parlare non sembrano troppo abili con le parole amorose.

E allora succede che all'inizio tutte le spagnole mi dicono: Io? Con un italiano? Mai e poi mai! Sono pesanti! Sono appiccicosi! Sono bugiardi!

Poi però arrivano in Italia e rimangono fregate.
Ammaliate dal cantico dei sireni italiani.
Che fra l'altro molti ragazzi italiani, dato il loro amore per le gonne della mamma, durante la loro vita imparano pure a cucinare. BENE.

E così queste povere spagnole si ritrovano prese per la gola, per l'udito ... e a volte per i fondelli.

Io le metto in guardia, ma c'è poco da fare.
Ci cascano in tante, mollano i loro fidanzati spagnoli a cui avevano giurato fedeltà ed amore, e cadono fra le braccia di un Andrea, di un Alessandro, di un Michele.

Poi tornano in Spagna e vengono a piangere da me.
Avevi ragione, Cecilia, ma AndreaAlessandroMichele è così dolce, così romantico, mi ha detto che ... mi ha giurato che ... mi ha promesso che ...

Qualcuna di queste storie funziona pure, non lo metto in dubbio ...  per altre finito l'erasmus, verso ottobre, passata l'estate a distanza delle chiamate skype, messaggini amorosi e promesse di amore eterno, arriva il tempo della sparizione.
E allora AndreaAlessandroMichele non risponde più ai messaggini, schiva le chiamate, c'ha sempre da fare, da lavorare, da studiare e la connessione internet coi problemi.
E alcune spagnole (e immagino varie altre nazionalità a scelta) si armano di biglietto Ryanair con la scusa di un esame ancora da fare in Italia, dei documenti importantissimi su cui manca una firma, una riunione reduciErasmus e si presentano alla porta di AndreaAlessandroMichele che però, durante l'estate, si è reso conto che è arrivato il momento di finire l'università, trovare un lavoro, mettere la testa a posto, e allora non ho tempo, non me la sento, rimaniamo amici.

Care alunne spagnole in partenza, per ora il vostro livello di italiano non vi permetterà di leggere e capire a fondo quello che scrivo, ma segnatevi questo link, e rileggetevelo a ottobre 2013. E poi mi fate sapere.

Cari ragazzi italiani, questo post non vuole insultarvi, anzi, riconosco la vostra superiorità in fatto di accalappiaggio straniere e doti romatico-amorose. Però se beccate una delle mie alunne, per favore, abbiate pietà. O perlomeno mandatemi un contributo per i pacchi di kleenex extra che ogni anno mi tocca comprare.

6.7.12

I cattivi e i buoni

Lo sapevo che tornando i cattivi sarebbero stati ancora qui ad aspettarmi.

Perché i cattivi, quelli veri, non cambiano.
Vivono la vitaccia che hanno scelto, eppure invidiano le vite degli altri.
Soprattutto se gli altri sono felici e sorridono.

I cattivi i sorrisi non li sopportano proprio.
Si alzano ingrugnati e sicuramente il primo caffè della mattina gli puzza di cicuta.
Vanno in giro a testa bassa mugugnando e digrignando i denti.
A forza di mugugnare e digrignare i cattivi hanno la faccia solcata da rughe tristi.

I cattivi hanno lo stomaco perforato da tanto sputare acide sentenze.
I cattivi non parlano, attaccano e insultano con fare superiore.
I cattivi si nutrono delle lacrime della gente che riescono a fare piangere.
I cattivi gioiscono dei mal di testa e mal di cuore altrui perché davvero non hanno altro di cui essere felici.
I cattivi stanno zitti zitti dietro l'angolo e quando lo giri, zac, pugnalata.
Alle spalle, perché i cattivi non ti guardano mai in faccia.
E non c'è un giorno che se ne vadano al letto pensando a qualcosa di bello.
I cattivi non sognano, dormono nella pece nera.

Ai cattivi io sto sulle scatole.
I cattivi non sono molto contenti del fatto che io sia tornata.

Cari cattivi, sapete che vi dico?

Che c'avete la faccia talmente da cattivi che appena vi azzardate a dirmi qualcosa all'improvviso il karma fa spuntare testimoni al mio fianco che vi fanno rimangiare tutte le vostre parole e vi costringomo a ritirarvi nei vostri antri fumosi.

E ho imparato a fregarmene di voi e a pensare a mangiarmi un bel gelato.
A no, cavoli, che sto a dieta.
Vabbè, un bel piatto delizioso di riso in bianco e fagiolini.
Io almeno l'acidità di stomaco non ce l'ho.

Poi ci sono i buoni.
Finalmente ho imparato a riconoscerli!
E con i buoni me ne vado al cinema, al mare (domani qualche foto), a prendere un gelato.
Ah no, cavoli, che sto a dieta.
Vabbè, un bel succo d'ananas senza zucchero.

Ci sono pure i buoni che non conosco.
Con questo mio progetto di una buona azione al giorno vedi qui
sto all'erta e noto dettagli che prima mi sfuggivano.

Noto la buona educazione delle persone.
Noto i sorrisi.
Noto con piacere che in sala d'attesa del centro donazioni di sangue ci sono altre 4 persone a donare insieme a me. http://payingbackpayingforward.blogspot.com.es/2012/07/6-donated-some-liquid.html
Magari un giorno quel sangue arriverà a un cattivo in difficoltà e chissà se oltre a salvargli la vita non gli arrivino un po' di globuli di buona educazione, globuli di rispetto e piastrine di bontà.

Dovrebbe esistere un centro trasfusioni di gentilezza.
Saprei decisamente a chi dire di andare a farsi fare una trasfusione lì.

5.7.12

I sette nani erano 8!

Tornare a Murcia un vantaggio ce l'ha.

Ho la tessera del cinema.
Posso entrare gratis al cinema tutti i giorni dal lunedì al venerdì e posso pure portarmi un ospite, anche questo gratis.

Ce l'ho perché 2 anni fa ho convinto il direttore di quel cinema a organizzare un ciclo di film in versione originale sottotitolata che è stato un successone.
Poi per problemi di vario genere l'iniziativa non ha avuto seguito, ma io ho ricevuto questo premio a sorpresa.

Io quando vivevo in Scozia avevo la tessera del cinema a 10£ al mese, e con quella potevo entrare ogni giorno a vedere quanti film volevo. Ho visto tipi 400 film in un anno.
Il cinema infatti si trovava a metà strada fra la scuola dove insegnavo e casa e io praticamente andavo a vedermi un film come sosta intermedia dei 9km di tragitto che mi facevo a piedi.
Quell'anno ho visto di tutto di più, anche perché lavorando solo 12 ore a settimana e con la pioggia costante il cinema era un caldo e comodo rifugio giornaliero.

Oggi, dopo 10 mesi senza schermi né grandi né piccoli, sono tornata al cinema a vedere Biancaneve e la leggenda del Cacciatore Figone.
Quest'ultimo aggettivo aggiunto da me, perché il tipo meritava proprio e poi, pur essendo cacciatore, non ammazzava nessun animaletto, ma solo i cattivi.
Ah, e i nani all'inizio erano 8, ma uno muore.
E non si chiavamano PisoloMammoloEoloGongoloCuccioloDottoeNonmeloricordolo.
Non vi dico di più.

E prima c'è stato il rituale del pranzo zingaro in macchina.
Mi sono mangiata una scatola di asparagi, una banana, prugne secche, mandorle e uno yogurt da bere.
Faccio questa dieta qua: accozza tutte le cose crude che riesci ad acchiappare, o lesse se proprio devi. Aggiungi frutta secca e un pugno di riso quando proprio non ce la fai più a trangugiare succo d'ananas o bere yogurt.

Non bevo caffè, né tè.
Niente zucchero.
Niente dolci, né pane, né pasta.
Né patate.
E soprattutto niente gelato, né cioccolata.

La mia temperatura corporea è dunque lucertolesca.
Così non soffro il caldo del deserto e le zanzare non mi pizzicano perché non percepiscono la mia presenza.

3.7.12

SLOVENIA - SPAGNA

Sono tornata a Murcia da una settimana ed è tempo di propinarvi le vicissitudini del mio tentativo di (ri)adattamento al deserto.

In Slovenia mi svegliavo alle 5.30. A quell'ora a Murcia sarebbe proprio l'ideale uscire di casa, perché fa fresco, perché non c'è anima viva in giro d'estate (d'inverno ci sono anime alcoliche in giro a tutte l'ore!), perché non corro ancora il rischio di farmi mettere sotto.

In Slovenia aspettavo 90 secondi per attraversare la strada vicino casa se il semaforo era rosso, scanditi da cronometro semaforico. 90 secondi per guardare le nuvole, scattare una foto, respirare.

Il Spagna, quando racconto che in Slovenia fanno DAVVERO la multa se attraversi quando non devi, tutti strabuzzano gli occhi.

In Slovenia come sport estremi fanno rafting in fiumi con le rapide, fanno scalate di montagne a mani nude, fanno un figlio dopo l'altro.

In Spagna esiste invece l'extreme road crossing, che consiste nel buttarsi in mezzo al traffico quando il semaforo è rosso, sgusciare come donnole fra una macchina e l'altra e beccarsi le clacsonate di chi ti stava per mettere sotto.

Ora, io ho vissuto in Italia, e poi negli USA, e poi in Spagna, e poi in Scozia, e poi di nuovo in Spagna, Usa, Slovenia e in ogni Paese l'attraversamento pedonale funziona secondo logiche e convenzioni sociali che non vengono spiegate in nessun manuale di buona circolazione.

E dopo un anno da onesta e retta pedona a non infrangere nessuna regola, ora ho ripreso ad attraversare pericolosamente, per dare un po' di brivido alla mia vita di ritorno.

Poi c'è la storia dei tempi e delle pause.

In Slovenia non ho mai visto in 10 mesi che uno appiccichi sulla porta di un pubblico ufficio un Torno fra 5 minuti scritto a mano di fretta perché c'è il collega che lo aspetta per andare a fare colazione. Ogni volta che leggo: he salido a desayunar (sono uscito/a a fare colazione) mi prende un accidente.
Perché i 5 minuti della colazione spagnola sono 35, come quando uno sloveno ti dice che per scalare uns montagna collina ce ne metterai 35 e invece ti ci vuole un'ora e 5. Il tempo è relativo.

Poi c'è un'altra cosa, quella che mi sta sconcertando di più.

I maschi sloveni non guardano le ragazze. Tengono gli occhi sulla strada per non mettere sotto nessuno mentre vanno in bici, sui pattini, di corsa. Controllano i loro pargoli perché alla mia età di sicuro ne hanno già due o tre. Scrutano il cielo per scorgere i picchi delle montagne che scaleranno. Per un anno mi sono sentita invisibile.

I maschi spagnoli (etero) ti guardano. Ti puntano gli occhi addosso che sembra che devono farti le radiografie. Ti incrociano per strada e ti sfidano a sostenere il loro sguardo caliente. Ti lanciano complimenti rozzi, ti ammiccano. Ti chiamano rubia (bionda) pure quando sei castana come me.

Io non ci sono più abituata.

L'altro giorno ero convintissima di avere macchie di cibo o di penna in faccia.
O forse un mocciolino appeso.
O magari che la mia maglia di Snoopy era troppo ridicola.
Mi sentivo proprio osservata.
E non è che io sia una gnoccona.

Oggi me ne sono resa conto quando ho chiamato il tecnico informatico all'università perché mi si era spento il pc all'improvviso.
È arrivato un certo Pedro, con il vocione da millesigaretteacolazione.
E invece di dirmi ma hai provato magari a riaccenderlo? lo ha acceso lui con nonchalance, senza farmi sentire idiota, e mi ha detto ti lascio il mio numero diretto, in caso avessi di nuovo dei problemi non chiamare il centralino, chiama me.

Perché Pedro è un tipico macho iberico, l'uomo spagnolo cavaliere templare che salva la fanciulla in difficoltà.
Basta fare gli occhietti da Bambi che l'uomo spagnolo sfodera tutto il suo orgoglio di maschione e ti aiuta.

E ne approfitta per mollarti ammiccante il suo numero, perché non si sa mai.

1.7.12

Panem, circenses ... e petardi!

Una notte non si dorme perché si schiatta di caldo.
Una notte non si dorme perché c'è il vento che si intrufola e ruba le lenzuola.
Una notte non si dorme perché i crampi da disidratazione ti fanno sognare che precipiti.
E questa notte non si dorme perché la Spagna ha vinto gli Europei.

È la prima volta che non vedo neppure una partita.
Boicottate tutte per tutti i cani ammazzati per fare il ripulisti delle città prima dell'arrivo del calcio dei soldoni.

A me poi il calcio non piace quando in un Paese in crisi come questo si trasforma in una fonte di orgoglio che andrebbe cercata altrove, chessò nell'eccellenza culturale, nell'integrazione sociale, nell'umanità nei tempi duri.

Panem et circenses.

Si perde un po' il senso della realtà, no?
Ieri sera ero seduta a un bar e sono passate almeno 20 persone nel giro di 1 oretta a chiedere l'elemosina. Invisibili.

Ma com'è che devono essere visibili invece 'sti cavolo di calciatori che guadagnano miliardi?

Ah, e se avesse vinto l'Italia sarebbe stato lo stesso.

Solo che avrei potuto dormire perché - qua in Spagna- ora non ci sarebbe stato nessuno a strombazzare per la strada e a tirare petardi.

Gli italiani amano i botti di Capodanno, le miccette, i cannoni spara palle di fuoco, le stelle che rischiano sempre di incendiare i capelli di qualcuno, i bomboni esplosivi che distruggono i tettucci delle macchine il 31 dicembre.

Gli spagnoli hanno i petardi per tutte le occasioni:
- il petardo calcistico unito al clacson e alle urla tribali e ai bagni nelle pubbliche fontane ubriachi (doppiamente) fradici
- il petardo matrimoniale, che ieri passavo per caso davanti a una chiesa in centro da cui stavano per uscire gli sposi e per un momento ho pensato si trattasse di un campo minato
- il petardo tra amici, che quando si affitta una casetta in campagna per starsene in santa pace un fine settimana, c'è sempre qualche amico fan degli esplosivi che ti lancia un petardo in camera non appena ti sei addormentato, facendoti rischiare infartoincendiosordità.
- la città petardo, cioè Valencia, dove durante le Fallas di marzo, oltre a dare fuoco a giganti sculture di cartapesta, i cittadini si riuniscono in piazza per la mascletá, cioé un'esplosione massiccia di petardi sopra le capocce della gente, tenuta nelle pubbliche piazze in cui fanno fuori 120kg di polvere da sparo a botta.

Sarà per questo che poi gli spagnoli quando parlano urlano, assordati negli anni da tante esplosioni?

Ma non avrebbe potuto vincere Lussemburgo, o chessò San Marino?

Vojo dormì!

Beh, perlomeno domani i miei studenti saranno di buonumore ... O coi postumi della notte alcolicoesplosiva!

L'incoscienza del minestrone

Mi sveglio la mattina perché magari mi si è addormentato un braccio, o mi formicola una mano, o ho un crampo alla gamba.
Apro gli occhi e non so chi sono.
Mi era già successo (vedi qui), ma mai come ieri.

Ieri ho aperto gli occhi ed è stato come forse quando un bambino nasce.
Dalla parte del bambino, non della madre.

Oddio, ma che cavolo, che è tutta questa luce? Che è questa roba? Chi sono? CHE sono? Voglio tornare indietro!!!!

Insomma, non è che mi fosse molto chiaro che ero una persona.
Guardavo la mia mano rattrappita e formicolante e non capivo proprio cosa fosse.
Non avendo coscienza di me come essere umano non riuscivo a muovermi, perché non realizzavo di poterlo fare.

Vedevo la luce che entrava dalla finestra e basta.
E me ne stavo là, rinchiusa dentro di me, e mica lo sapevo che potevo uscire ed essere.

Il tutto sarà durato 5 minuti.
Mi sentivo come deve sentirsi un pollo surgelato che viene scongelato.
Anzi, no, sono vegetariana.

Dunque forse come un Minestrone della Findus tirato fuori dal freezer, che poco a poco riconosce le sue parti: to', le carote, ah, le patate. Ma guarda ci sono pure i piselli.

E come un minestrone di lì a poco mi sarei ritrovata nella bollente realtà Murciana, i 45 gradi superati abbondantemente l'altro ieri.

Insomma CeciliaMinestra soffre di crisi di despersonalizzazione o derealizzazione di mattina preso.
Mi sono fatta l'autodiagnosi cercando su google.

E così scopro che il tutto potrebbe essere dato da forti cali di zuccheri durante la notte uniti a disidratazione.

Che potrebbe pure essere vero, perché io continuo a cenare a orario sloveno, tipo alle 6-7, massimo un gelato alle 8, ma ora me ne vado al letto a orario spagnolo.
E mi sveglio alle 8-9, non alle 5.
Dunque il mio stomaco è vuoto per la bellezza di 3-4 ore in più rispetto a una settimana fa, il tutto condito da temperature infernali.

Vi è mai successa una cosa del genere?

Oggi, dopo una nottata ventosissima e fresca, in cui comunque non riuscivo a dormire perché mi sembrava di essere in barca a vela tanto svolazzavano le tende, vado al centro commerciale.
Sì, io, quella che sta cercando di fare fuori tutto ciò che possiede.

Devo assolutamente comprarmi un costume per poter andare al mare i prossimi 4 fine settimana e fuggire dal forno Murcia.
Ieri riordinando ho tirato fuori il mio vecchio costume e si era sciolto.

Welcome to the desert!