27.9.17

Le parole sono pietre





Sono stata molto indecisa sullo scrivere o meno questo post, in molti mi hanno detto semplicemente 'ignora', 'non ci pensare', 'non ne vale la pena' e devo ammettere che non mi ha certo tolto il sonno, né ha influito minimamente sulla mia vita e sulle mie scelte.
Poi ho pensato che magari a qualcunA potrebbe succedere la stessa cosa e magari reagirebbe diversamente, chissà se mai cercherebbe risposte in rete, magari potrebbe finire qui, forse questo post potrebbe aiutarlA.

Parlo in femminile perché di sessismo, discriminazione basata sul genere sessuale, maschilismo o come lo volete chiamare. La sostanza è quella.

A luglio ho insegnato nei soliti corsi intensivi. A inizio della seconda settimana si è presentato un alunno (uomo cinquantenne, non un ragazzino) che non era venuto alle prime 20 ore di lezione. È arrivato abbastanza spavaldo, dicendo che comunque non gli interessava passare l'esame, che lui aveva già un certificato, che in sostanza veniva per ripassare. 
Le 2 settimane successive arrivava sempre tardi, se ne andava prima, ma ok, sapevo che lavorava e che probabilmente scappava dal lavoro per venire a inglese. Non lo vedevo ben integrato con il gruppo, ma pensavo fosse per il fatto che era arrivato a corso già iniziato, quando gli altri erano già molto affiatati. A volte succede, non interferiva comunque con la sua partecipazione in classe.

Alla fine ha tanto insistito per venire al pranzo di fine corso (in un ristorante vegano, come sempre; e ci tengo a precisare che non sono io che lo impongo, ma gli alunni che lo suggeriscono per provare qualcosa di nuovo), me lo sono ritrovato seduto accanto, ha decisamente monopolizzato la mia attenzione con domande a raffica, ma succede in tavolate, non fa niente. 

Mi ha chiesto pure il numero di telefono, perché diceva che al lavoro aveva bisogno di traduzioni ed io gentilmente ho rifiutato, perché non mi interessa lavorare di più, non ho la partita IVA fra l'altro. Ma altrettanto gentilmente gli avevo detto di scrivermi alla mail del lavoro e gli avrei passato dei contatti. Il giorno dopo l'ho incontrato per strada, ero con due colleghe, lui ha mostrato quasi l'intenzione di fermarsi a parlare con noi, ma non mi pareva il caso, gentilmente l'ho salutato, augurandogli buone vacanze.

Il giorno successivo la segretaria mi ha rinviato una mail, scritta da questo tizio, in risposta alla richiesta di completare un questionario anonimo sulla didattica ed opinioni sul corso in generale. Non ha ovviamente riempito il questionario, ma ha deciso di scrivere dei commenti su di me, che però anonimi non erano più, dato che ha semplicemente cliccato su rispondi alla mail. La segretaria, che mi conosce, ha pensato che io dovessi sapere che in giro c'era un soggetto simile.

Diceva in poche parole che non voleva parlare delle mie abilità didattiche, che su quelle non aveva nulla da dire ma che ... sono strana, che mi vesto sempre uguale, metteva quindi in dubbio il mio concetto di igiene personale e concludeva aggiungendo che non mi criticava mica perché fossi vegana femminista meglio un mondo senza uomini.
Il tutto scritto in modo sconclusionatissimo, senza punti né virgole, una cosa attaccata all'altra, così, come una frase detta di getto.

Quando l'ho letta ho pensato a uno scherzo. Io sono molto ironica, nelle mie classi gli alunni possono dare sfogo al loro senso dell'umorismo senza problemi. Accetto critiche, domande, condivido con loro tante esperienze e punti di vista.

Così ho deciso di rispondergli scherzosamente, consigliandogli link su veganismo e salute (avendo lui tanto elogiato il cibo vegano mangiato insieme al ristorante ed essendo lui medico, non potevano che interessargli), parlandogli di minimalismo e di anticonsumismo, del concetto di uniforme auspicato da tanti geniacci milionari (mi vesto sempre uguale e delle stesso stile/colore perché così non devo perdere tempo prezioso a scegliere/selezionare) e di quello di capsule wardrobe, ricordandogli che sebbene nella mente di alcuni lo stereotipo di donna possa includere un profumo di rose e fiori, esistono anche shampoo e bagnoschiuma inodori e suggerendogli anche dove comprarli. Ricordandogli gli effetti nefasti della plastica sulla salute, consigliandogli negozi dove comprare prodotti sfusi, senza sostanze chimiche.

Nella mail lo ringraziavo di avermi fatto fare due risate, dicendo ironicamente: a che persona sana di mente verrebbe mai l'idea barbina di rispondere a una mail sulla didattica parlando dell'aspetto fisico della tua prof?

Aggiungevo che non sapevo da dove aveva tirato fuori la storia del femminismo, perché parlo sì di tanti temi, ma il femminismo non è, anzi non ERA, un mio cavallo di battaglia. Gli dicevo di non preoccuparsi, che dato che lui si aspettava da me che fossi un'enciclopedia vivente, mi sarei di certo messa in paro, e che con sommo piacere ci saremmo potuti rivedere a settembre per discutere di temi vecchi e nuovi.
E mi raccomando che leggesse e si informasse anche lui, con tutti i bei link che gli avevo mandato per 'migliorare il suo inglese', perché sicuramente aveva scritto quella mail anche perché gli mancavamo io e i compagni, e soprattutto i compiti a casa, e io gentilmente gliene stavo mandando a bizzeffe.

Ci ho messo due ore a scrivere quella mail, che ovviamente non ha avuto risposta. Chissà, magari sta ancora facendosi una cultura.

Poi però ho realizzato che tanto uno scherzo non era, perché la mail era diretta - passando per la segretaria - alle mie cape. Con che fine non lo so, screditarmi, farmi fare una lavata di capo, boh, però ecco, non erano chiacchiere dal barbiere, erano insulti scritti e registrati nel sistema dell'Università. Ne ho parlato con dei colleghi, tutti scioccatissimi. Finché uno non mi ha consigliato di rivolvermi a La Unidad para la Igualdad, un'unità che abbiamo all'Università che si occupa di casi di sessismo e discriminazione. 

Perché effettivamente, pensandoci, quest'uomo è professore, da lui dipende anche la vita e il futuro di tanti studenti. Se si comporta così con una collega, chi ci garantisce che non bocci le sue alunne perché non si mettono il profumo, si vestono da maschiaccio e non gli danno il numero di telefono?

Ne è seguita una serie di mail e una riunione con la Vicerrettrice de Igualdad e una rappresentante de la Unidad para la Igualdad, 2 giorni fa. In cui ho scoperto che all'Università esiste un codice etico, che però non prevede sanzioni. Se quindi qualcuno decide di insultare un collega o un alunno si potrà procedere per via penale fuori dall'Università, ma l'Università non da supporto, né garanzie.

Ho scoperto anche che questo tizio, dopo aver mandato la mail demente, aveva fatto fagotto e abbandonato l'università, senza dare preavviso e quelli di Risorse Umane si erano ritrovati a dover cercare di sostituirlo in fretta e furia quando avevano scoperto che a settembre non sarebbe tornato. Sparito, chissà dove.

E mi chiedo come nel XXI un uomo che ha viaggiato, che è anche famoso nel suo campo, che ha un certo livello socio-economico-culturale, possa ancora pensare che può sminuire una donna criticando il suo aspetto, perché secondo lui non abbastanza donna? Perché questo tipo di scherzi si accettano? Perché vabbè, ma che vuoi che sia? Vabbè, ma che esagerata? 

E lasciando correre queste piccolezze, poi accettiamo situazioni ben peggiori, perché se l'è cercata, perché sono ragazzate, perché perché perché ... e le accettiamo all'Università, che dovrebbe propagare valore etici, di rispetto e di uguaglianza. Perché intanto che ci possiamo fare, perché meglio stare zitti, perché perché perché.

Io però quest'anno lo sapete che ho le mie missioni, e allora ci ho messo anche questa, quella di non lasciar correre e se non c'è nulla che ci protegga da attacchi gratuiti e insensati, dalla grettezza di persone che l'hanno sempre avuta vinta, allora magari bisognerà crearlo.   

Questo post lo stavo scrivendo ieri, quando mi è arrivata la terribile notizia della morte di Juan, mio collega e amico, che per anni ha lottato contro le ingiustizie di tante situazioni, su tantissimi fronti, finendo per essere sempre più vittima  di soprusi e cattiverie. Da lui ho imparato a non restarmene zitta e buona, a cercare sempre di fare del mio meglio per migliorare me - e il mondo in generale. 
Mi dispiace solo di non averglielo mai detto. E allora se qualcuno vi ispira ad essere migliori essere umani, diteglielo, ringraziate, fategli sapere che tutto quello che fa non è invano.
Combattete parole vuote e grette con positività e speranza.