9.1.17

La verità sul riciclaggio del vestiario

Per cominciare bene l'anno minimalista, ripubblico qui un articolo che avevo scritto per un altro progetto dato che per me il tema è quantomai attuale, soprattutto dopo gli eccessi consumisti natalizi (non miei, non più).

È da parecchio tempo che rifletto sul tema dei vestiti che non metto più.
Li scambio, li regalo, ma ce ne sono alcuni che sono davvero troppo rotti o troppo usati per recuperarli.
E penso: esisterà un centro di recupero e riciclaggio fibre tessili?

Ci penso e poi me ne scordo.
Oggi però sono incappata in questo articolo qui, che parla proprio di questo tema.
Il fashion veloce sta creando una crisi ambientale.

Avete partecipato alla campagna di H&M : La moda non merita di finire nei rifiuti?
Sarebbe un'ottima trovata, no? Porti nei loro negozi i tuoi vestiti usati di qualsiasi marca, in qualsiasi condizione. E loro ti danno un buono da spendere nei loro negozi. In teoria i vestiti così raccolti vengono riutilizzati, recuperati o addirittura usati per produrre energia.

Ma nell'articolo sopracitato un portavoce di H&M ammette che "Only 0.1 percent of all clothing collected by charities and take-back programs is recycled into new textile fiber" 
(solo lo 0.1 % dell'abbigliamento raccolto dalle organizzazioni benefiche e dai programmi di restituzione è reciclato in nuove fibre tessili)

0.1% ... cioè un capo ogni mille!

Che fine fanno gli altri 999 capi?

- Vanno alle discariche e producono, decomponendosi, metano e gas che causano l'effetto serra

I capi di vestiario non si trasformano in compost, perché a differenza degli scarti alimentari, le loro fibre sono state trattate, stampate, colorate, insomma hanno passato vari processi chimici.
Quelli fatti di fibre sintetiche, dunque anche parzialmente di plastica, ci metteranno centinaia di anni a decomporsi.

Allora, direte voi, meglio metterli nei contenitori di raccolta vestiti o darli alla Caritas o rivenderli a un negozietto di seconda mano. E mettersi a posto la coscienza, no?
NO!
Di questi capi di abbigliamento solo una minima parte finiranno a persone che davvero ne hanno bisogno o saranno effettivamente venduti per continuare il loro ciclo d'uso.

Una gran quantità di vestiario proveniente dai nostri Paesi ricchi, compattato in balle, verrà inviato in Africa, sommersa ormai da donazioni di abiti di pessima qualità, che invadono i mercati locali e sovvertono le economie locali, o in India, agli inceneritori che inquinano aria ed acqua. 



L'unica VERA soluzione è smettere di comprare. 
Ma come, e tutti gli operai e le commesse rimarranno allora senza lavoro mi ribattono. 
Beh, quello è un altro problema che deve essere affrontato a parte.
Non esiste solo l'economia del consumo di oggetti.
Non salviamo i bambini poveri dell'India comprando i prodotti del loro lavoro pagato pochi centesimi al mese.
Non si può vivere e lasciar vivere, chiudendo un occhio e accettando soluzioni provvisorie. Bisogna fare di meglio ogni giorno. E che ognuno pensi ai suoi se e i suoi ma, e cerchi risposte sensate.

Non possiamo mantenere un ciclo di consumo e distruzione se il riciclo virtuoso non esiste.
Non possiamo chiudere gli occhi davanti a questa catastrofe, il nostro pianeta non è usa e getta, non possiamo comprarne un altro in saldo.

Scegliete capi che durino, che vi piacciano davvero, non comprate solo perché ci sono i saldi, perché intanto costa solo un euro, perché me lo metto quando dimagrisco.
Imparate a cucire, a modificare, ad abbinare.
Date un'occhiata a pagine come BUY ME ONCE (comprami una sola volta), che si stanno espandendo internazionalmente e  che garantiscono che i loro articoli dureranno davvero una vita. Come era all'epoca dei nostri nonni.

E non usate lo shopping come valvola di sfogo per frustrazioni e arrabbiature, come contentino, come ricompensa del fine settimana.
Coi soldi così risparmiati io viaggio, vado a mangiare fuori, compro prodotti alimentari di migliore qualità.
Insomma, l'economia continuerà a muoversi anche se DITE NO alla centesima maglietta delle solite marche.
Non è facile e certo non si può realizzare di botto, ma la prossima volta che sarete tentati di comprare uno straccetto di maglietta, pensateci due volte, valutate le alternative, informatevi, condividete informazioni.

(E se parlate inglese ascoltate questo)