24.7.14

Strizzo gli occhi

Non faccio foto e non scrivo, non scrivo e non faccio foto.
Una specie di circolo vizioso. 
In Slovenia vivevo con la macchina fotografica attaccata al collo, e ogni occasione era buona, ogni spunto vivo.

Non che ora non ce ne siano di spunti, è la mia memoria che fa cilecca, o va in sovraccarico, o che ne so. 

Così strizzo gli occhi e fotografo la cicogna che plana per posarsi sul ponte vicino casa, ma è una cicogna o un airone? Boh.
Così strizzo gli occhi e mi godo una serata nel giardino del ristorante vegano, nuovi buonissimi panini, uno scarabeo, un gatto cieco, il fresco dopo i 40º di giorno.
Così strizzo gli occhi e guardo le scavatrici che sventrano il letto del fiume vicino casa, perché eravamo stufi di avere il fiume più inquinato d'Europa e ora non lo so che intenzioni hanno, ma sono settimane che ci lavorano.

Così strizzo gli occhi e fotografo i miei studenti, di questo corso di luglio scivolato via senza intoppi, un gruppetto molto affiatato, di quelle classi che è una passeggiata, che vieni al lavoro ed è come stare in salotto, e abbiamo parlato di tutto, perché erano/sono 12 persone di quelle belle, con gli occhi puri, e la voglia di essere migliori.

Strizzo gli occhi e fisso nella mente le loro facce e alcune frasi e risate,  perché a volte dico che non voglio insegnare più, poi arrivano 'sti 12 con quest'empatia, questa gentilezza, questa educazione di altri tempi, e trasformano la classe in mondo, il dialogo in condivisione, i sorrisi in gemme da conservare, e tirare fuori dalla memoria quando penso che preferirei fare la contabile.

E poi che ne so, credo di aver trovato la mia strategia antistress, e penso mannaggia ai pesci rossi che non l'ho capito prima, che certi corrono le maratone, altri fanno boxe, altri fanno shopping compulsivo o si strappano le sopracciglie con le pinzette, io invece disegno scarabocchio:


È un'idea scema, nata per caso, e miracolosamente disegnare torture e ridicolaggini è la mia bacchetta magica, per fare pace con la Spagna e con l'Italia, che sono parte di me eppure a volte le cancellerei dal mappamondo, sul foglio si appiccicano rabbia o incavolature e io sono tranquilla e penso ad altro.

Perché il viaggio per l'estate, sfiga delle sfighe, lo avevamo prenotato per l'Israele, e fino all'ultimo abbiamo sperato, e fino all'ultimo abbiamo pensato dai, ora si tranquillizza tutto, da, non può essere.
Non sarà, questo viaggio. Un altro di quei biglietti aerei perduti.

Ma ci sarà un altro viaggio, tirato fuori una mattina di ricerca disperata e di voli scelti a casaccio, di couchsurfing e incastri per passare, andare, tornare, e da indirizzare on the road. 

Forse meno esotico, forse l'ultimo posto che avrei immaginato di visitare, ma prometto foto e post, post e foto e per ora buone vacanze a tutti.

6.7.14

Poche parole desertiche

Per prepararmi alle vacanze di agosto che prevedo caldebollenti, questo fine settimana, come da triennale tradizione, sono venuta in ritiro nel deserto.

Mi dicono che è molto simile alla Cappadocia, e io che in Turchia non riesco ad arrivarci (ci ho provato 3 volte ed è successo qualcosa di brutto oppure di bello, e allora non ci provo più) mi ritrovo a passeggiare sotto il sole cocente fra ulivi ed arbusti e a pensare per immagini senza verbi.



Solitudine


Sopravvivenza


Vuoto


Terra di conigli


Pastorella

Fanno bene questi fine settimana senza programmi, in cui il pigiama e l'abbigliamento quotidiano, le scarpe e le ciabatte, la colazione il pranzo e la cena si confondono e non si sa più che giorno è.

O forse sì, è il giorno delle amichette e del ti ricordi e del come eravamo, e di quanto possiamo essere ancora sceme.


Ci sono i gatti dai mille nomi, che lo sanno che Aika se ne è andata, e mi leccano le dita vegane e si lasciano accarezzare all'infinito, e il tempo si fa felino, e scorre sonnacchioso, a 45º che qua siamo nel deserto, e ci si alza da un lato per andarsi a distendere da un altro.


Il gatto-sciarpa

E poi come gatti si va a caccia di prede e si torna a casa con un bottino di 126 ...
palline.


Perché questo deserto è un desolato campo da golf, figlio della speculazione edilizia, in cui la natura piano piano si sta riprendendo ciò che era suo, e dalla sabbia nascono fiori.