31.10.14

Il grasso e il bambino

Mattina di Halloween.
Suonano alla porta.
Vado ad aprire con il mio fantastico pigiamino corto coi cani e gli ossi.
Perché oggi fa ancora circa 30º.
No, nessun dolcetto o scherzetto.

Quando sono arrivata in Spagna Halloween non sapevano proprio che fosse.
Non che ora ne conoscano le origini o la simbologia, ma questa festa si è diffusa ovunque, perché per gli spagnoli ogni occasione è buona per uscire, bere e fare casino.

Ma ancora non siamo arrivati al ricevere scampanellate di bimbi alla ricerca di pillole di diabete.
Ad ammirarmi nel mio suddetto pigiamino è invece una signora che vende ...
biglietti della lotteria!

Sì, perché in Spagna la lotteria è una cosa seria.

Abbiamo sotto casa un negozio che vende biglietti delle varie lotterie settimanali, gratta e vinci, scommesse legali. Se faccio mente locale riesco a localizzarne altri 3 sul percorso che faccio ogni giorno.


I ciechi della ONCE (organizzazione nazionale ciechi spagnoli) vengono ironicamente assunti proprio per vendere biglietti della lotteria in piccoli chioschi che si trovano un po' in tutte le strade spagnole, e anche in banchetti mobili per strada, o girando per i quartieri con il loro mazzetto di biglietti e gridando 'para hoy, para hoy' (per oggi, per oggi).

Io non ho mai capito come si passi da essere venditore stradale a venditore seduto e fisso a un angolo a venditore in un gabbiotto. Da cosa dipenderà? Dal grado di cecità? 



Se penso a questa tre categorie a 200-300 metri da casa mia ci sono due chioschi e in centro so esattamente dove sono i venditori fissi e girovaghi.

Io ho comprato una sola volta un biglietto della lotteria settimanale qui in Spagna. Ero alla fermata dell'autobus e dovevo spicciare 10 euro. Non c'era nessun negozio o bar aperto, solo il chiosco della ONCE. Ho vinto il reintegro, cioè il rimborso del prezzo del biglietto.

Ah, poi il primo anno al lavoro ho comprato un biglietto di una lotteria che organizzava un collega di lavoro per raccogliere fondi per non so che causa. E lo stesso anno un altro biglietto per una lotteria di beneficenza per uno dei rifugi per cani di Murcia. Poi mi sono resa conto che ogni gruppo, ogni quartiere, ogni centro lavorativo, ogni scuola, tutti insomma hanno la loro lotteria di beneficienza, raccolta fondi. Non sempre si vincono soldi, a volte anche una cesta de Navidad (cesto di Natale contenente perlopiù insaccati e un prosciutto intero, ma delle gambe di maiale presenti nelle case spagnole parlerò un'altra volta).

(Notare l'arto di maiale, che non può mancare, aaaaaaaa)

E poi ci sono el Gordo (il Grasso) e el Niño (il Bambino).
Che vi giuro che la prima volta che ho sentito la frase 
me ha tocado el gordo
nella mia testa l'ho tradotta letteralmente
mi ha toccato il ciccione

e ho pensato: chi sarà sto ciccione maialone che va in giro a palpeggiare le ragazze?????
Ma la frase significa:

ho vinto il premio più grosso, appunto il premio gordo.
Ci ho fatto pure uno dei miei disegnini CUIDADÍN
Il primo premio è di 4 milioni di euro, ma il premio è per BILLETE (biglietto) e quasi nessuno spagnolo compra un biglietto intero, bensì un DECIMO.
Il numero vincente viene estratto tutti gli anni il 22 dicembre, perché si tratta appunto della lotteria de Navidad (Natale), ma i biglietti sono in vendita già da luglio!!!



E ogni anno è un bambino della scuola San Idelfonso che estrae le palline con i numeri, in diretta nazionale dal Teatro Reale di Madrid e altri bambini che cantano i numeri. Una litania infernale che non finisce maiiiii!

El sorteo del Niño invece è l'estrazione del 6 gennaio, e in questo caso il primo premio è di 2 milioni di euro e i biglietti saranno in vendita da inizi novembre. Un biglietto intero costa sui 200 euro, un decimo quindi ne costa 20.

Gli spagnoli fremono, cercano i loro numeri fortunati, incrociano date di nascita, anniversari, chiosco preferito dove comprarli, venditore fortunato.
Scaramanzia pura.
Tutti a fare gli occhi dolci alla dea bendata.
Tutti a sognare di cambiare vita, ora più che mai in un Paese ancora in ginocchio causa crisi.

Dovrei mettere su un banchetto di cornetti della fortuna, che da queste parti non li conoscono.
Diventerei ricca.

27.10.14

Il filo del fato ...

Quando vivevo in Italia andavo a teatro una volta al mese, perché la mia ganzissima prozia (che ora ha 90 anni e ci va ancora!) mi offriva gentilmente un abbonamento annuale e ci andavamo insieme.

In Spagna non so perché ho smesso. Forse perché a Roma di teatri ce ne sono un sacco e qua solo 2-3, forse perché finora non ho trovato nessun appassionato, nessuno che in una normale conversazione mi dicesse: andiamo a teatro.

Quest'anno però infine, per vivere una tradizione tutta spagnola, io e Margherita giovedì ce ne andremo a vedere il DON JUAN TENORIO.

Tradizione nata a Madrid, dove il giorno di Tutti i Santi veniva interrotta la normale programmazione teatrale e rappresentato il Tenorio, contemporaneamente in varie sale.

Il Tenorio è un dramma romantico sulla storia del Don Giovanni. Ve ne parlerò magari in seguito, dopo averlo effettivamente visto. Per ora ho solo dei vaghi ricordi della storia, perché la lettura dell'opera faceva parte del programma di una delle mie materie facilissime negli Stati Uniti, dove i miei compagni faticavano con lo spagnolo e invece io ero la sapientona della classe.

Tutta questa lunga introduzione perché ieri mi è venuto in mente che se io non fossi andata a teatro (a vedere che spettacolo non ricordo) ora non sarei in Spagna.

E mi ha fatto pensare a quelle minuzie della vita che cambiano completamente la nostra rotta e il nostro futuro.

E perché il teatro?

Perché quel giorno, all'uscita, io e la mia prozia eravamo corse ad acciuffare l'autobus al volo. E su quell'autobus, un po' illegalmente, qualcuno aveva attaccato delle pubblicità dei campi di volontariato di Legambiente per l'estate.
E a me era sembrata una grande idea, e avevo casualmente una penna appresso (mica c'erano i cellulari per scattare foto, era il 1998!) e avevo appuntato il numero.

Poi avevo chiamato e con una mia compagna dell'università avevamo scarpinato fino alla sede di Legambiente. E lì ci saremmo volute iscrivere a un campo in Grecia, ma non c'erano più posti. Però cercavano ancora due volontarie per un piccolo paesino del nord della Spagna. Al che ci eravamo guardate, vabbè, perché no, è insomma, ci eravamo iscritte.

Ed è così che le fila del destino cominciavano a tessere la tela della mia futura vita in Spagna.
Perché poi a quel campo avevo conosciuto dei murciani, e gira che ti rigira sono ancora qui ...



Se quel giorno non avessi avuto una penna? Se avessimo preso l'autobus successivo?

Se, se, se ... 

22.10.14

Pet peeves, ovvero 'ammazzo tutti' ...

Il mio cervello spesso funziona per temi da trattare a lezione, a volte nelle conversazioni della mia vitafuoridall'aula mi trovo a riproporre le domande amletiche dei vari livelli che insegno, analizzando le risposte dei miei interlocutori secondo criteri di coerenza, coesione, grammatica, vocabolario, dottore, è grave?

Per la centesima volta mi ritrovo alla pagina di ciò che mi fa uscire (un po') dai gangheri è ...

Il libro propone 10 immagini, poi si ascoltano 10 brevi conversazioni e gli studenti devono associare la foto ai mi dà sui nervi. In inglese si parla di pet peeves, quelle minuzie che ci danno fastidio, che non sopportiamo. Fra gli esempi il dentista che ti parla mentre ti smucina in bocca, quelli che in piedi dietro di te sulla metro leggono il tuo giornale, i carrelli difettosi del supermercato, quelli che portano gli occhiali da sole dentro e fuori, ecc.

E così ci si comincia a sbizarrire, vengono fuori piccole frustrazioni di tutti i giorni, e io ne approfitto per rendere noto indirettamente cosa è che mi dà fastidio che i miei studenti facciano, tipo quella che ogni volta che mi avvicino per ascoltare come parla con il suo compagno di banco mi comincia a dare colpetti sull'avambraccio mentre ridacchia, je tajerei le mani!

Allora ho pensato che a mo' di catarsi, per sbollire l'ammazzo tutti  di queste ultime 4 settimane (ora lo spiego) magari 'ste piccolezze le scrivo, ci facciamo due risate, mi raccontate le vostre e scarichiamo un po' di stress, no?

Dunque, io non sopporto ...

... le perdite di tempo e le scuse fasulle, tipo chiamare al servizio clienti della mia nuova compagnia telefonica, perché il 27 settembre (!!!) ho aderito a una loro promozione e mi devono mandare una nuova SIM, e che mi dicano che mi hanno chiamata e richiamata, ma io non rispondo. Vediamo un po', zucconi, sono passata dalla vecchia compagnia alla vostra, mi avete disattivato la vecchia SIM, non funziona più, perché VOI l'avete disattivata, mica io! Come vi viene in mente di chiamarmi a quel numero?????? (* la nuova Sim mi è arrivata ieri, dopo aver fatto altre mille telefonate! Cominciamo bene!)

... quelli che vanno al cinema e ogni 2 minuti accendono il cellulare, per rispondere ai messaggi di whatsapp o guardare il facebook. A volte mi sono chiesta se si annoiassero a morte, obbligati da amici o fidanzati a vedere un film che non gli interessava. Poi però li senti uscire dalla sala entusiasti e io mi chiedo: ma che ci avrai capito del film se ne hai visto a malapena un terzo? E che cosa ci sarà di così urgente da non poter spegnere il telefonino un paio d'ore?

... quelli che mi toccano il viso. Se ho un capello in bocca significa che non mi dà fastidio, o che me lo leverò da sola. Il viso è una parte davvero intima della persona, non mi piacciono 'ste carezzine a tradimento.

... gli incavolati perenni, che gli va tutto male, che io sto peggio, che che sfiga cosmica, che beata te, non mi puoi capire ecc ecc. Ma che ne sai se ti posso o non ti posso capire? Sai cosa mi è successo nella mia vita, cosa ho vissuto? E se non ti posso capire, ma perché allora mi racconti tutte 'ste tragedie greche? Fatte 'na risata fijo mio!

... quelle che portano le scarpe coi tacchi, non ci sanno camminare e sembrano giraffe ferite o gazzelle appena nate. Io esco con le Birkenstok e i calzini, e sicuramente ci sono frotte di persone che inorridiscono, chissà cosa sembro io!

... le commesse dei grandi magazzini del reparto profumi che passi e te ne spruzzano un po', io odioooooo i profumi, mi fanno venire il mal di testa. Fortunatamente una tipa in birkenstock+calzino non la vedono come potenziale acquirente, però passare in una nube di 100 spruzzini diversi mi fa perdere la voglia di andare in certi posti.

... le agende dove il sabato e la domenica sono un quadratino piccolo piccolo, come se uno c'avesse la memoria ciofeca e 3000 cose da fa' durante la settimana, e invece il fine settimana il vuoto assoluto o la memoria bionica.

... le magliette di fibra sintentica, spandex, elastham, che puzzano dopo 5 minuti che le porti e fanno l'effetto sauna. Così quelle poche magliette che compro/scambio sono da uomo e poi ci credo che mia madre mi dice che sono sempre saccodepatate. Voglio il 100% cotone!

... quelli che ti dicono oh, guarda, hai un capello bianco/un brufolo in fronte (maddddai, non lo sapevo!) e poi però non ti dicono che c'hai la foglia di lattuga fra i denti o la lampo aperta (non te l'ho detto perché credevo che tu lo sapessi!)

Ecco, questa è la mia catarsi, ora sono più tranquilla e infine posso mettermi a smanettare con il mio nuovo cellulare, che ha viaggiato per ben un mese per raggiungermi.



21.10.14

Un pugno nello stomaco

Ieri sono andata al cinema, non è una novità, ci vado quasi tutti i giorni, a casa non ho la TV e invece ho una bella tesserina per il cinema gratis.

Avevo visto il trailer del film e mi immaginavo la solita americanata buonista.
Con Reese Witherspoon, che io me la ricordo solo in commediole romatico-comiche.
Lei, donna disastro, trentenne zitellona, che si redime facendo l'eroina in Africa.

È strano come a volte montano i trailer e tu pensi che il film sarà questo questo e quest'altro e te ne vai al cinema tranquillo.

E poi entri trafelata, perché hai pure sbagliato sala e sei stata 10 minuti seduta altrove. Ti siedi, che ancora ridi per l'errore e BAM, mazzata.

Perché the GOOD LIE è così, nel titolo ti dice BUONO e ci credi, e ti ritrovi su una comoda poltrona ad essere presa a pugni nello stomaco.


http://en.wikipedia.org/wiki/The_Good_Lie

La storia è quella che tutti conosciamo e che teniamo buona buona e ben nascosta in un ripostiglio del cervello.
È l'Africa e le sue mille guerre e il mondo che se ne va in malora.

Perché ci siamo noi, qua, europei fortunati (non tutti, sia chiaro, che il mondo in malora è pure qua) da 3-5 pasti al giorno, e palestre, dieta, vestiti nuovi, e lamentele quotidiane sul capo rompi, i colleghi scansafatiche, i vicini rumorosi, i cani che abbaiano e il governo ladro.

E poi ci sono loro, là, come in un universo parallelo, dove un minuto stai giocando e ridendo e quello dopo hanno ammazzato tuo padre, tua madre e ...

Non voglio svelare la trama, ma non consiglio mai film e questo invece sì.
Forse perché a volte dimentico quanto sono fortunata, forse perché questo è l'inizio di qualcosa. Perché certe immagini mi sono rimaste negli occhi, là, appiccicate, e non se ne andranno.

E non sono le tipiche immagini da telegiornale, perché non è un film che si sofferma sui dettagli macabri e foto shock.
Si tratta di altro.

Sono fotogrammi di dolore intimo e di bellezza pura.

La bimba che fugge, ma rischia per raccogliere un recipiente, che servirà per mangiare, cucinare, bere. Noi in fuga cosa raccatteremmo? Un cellulare? Un computer?

I fratelli seduti che condividono il pranzo, come un rituale, senza TV di fondo, loro e la forza della loro unione.

Quelle magliette, resti di un'America ricca e donate ai poveri del mondo, in cui crescono, perché qua una maglietta dura un anno, là forse una vita.

Tenersi per mano.

Ringraziare.

Spazi condivisi che contrastano così tanto con questo mondo qua, fatto di porte chiuse e persone nascoste dietro schermi a socializzare a distanza.

Il tempo e la voglia di guardare le stelle.


Ecco, andate a vederlo.