29.4.14

Feste spagnole: el entierro de la Sardina

Negli ultimi giorni è successo di tutto, che da una parte mi verrebbe da sotterrare la capoccia come uno struzzo, dall'altra penso, questa è la vita, vivo in Spagna, viva la fiesta.

Perché poi un giorno stai facendo un giro per strada, La Gran Via, e te la ritrovi bloccata così, con i gitani che ti chiedono quieres silla? (vuoi una sedia?)


E poi vai in centro ed è pieno di Nembo Kids over '60, con mantelli fuxia-dorati-argentati, gli occhiali con le lucette, le catenine trash, e circondati da gruppetti così, musica a palla, folla di ubriaconi e tutti che magnano e bevono e fanno caciara.


E tu sei coi tuoi genitori, che dopo 14 anni di assenza sono tornati a farti visita nel deserto.
Sí, perché questa volta, invece di venire fra giugno ed agosto che le temperature raggiungono l'inferno al cubo, grazie a Vueling infine il volo diretto Roma-Alicante li ha convinti a prendersi una vacanzina e ad esserci per un pezzo delle fiestas di Murcia.

Da queste parti vige lo stile voja de lavorá sartame addosso, e ogni scusa è buona pe' magna e beve e liarla parda (= fare casino), e allora i Murciani furboni hanno pensato bene di aggiungere una settimana di festa dopo le vacanze di Pasqua, ed ecco a voi le FIESTAS DE PRIMAVERA. 
http://es.wikipedia.org/wiki/Fiestas_de_Primavera_de_Murcia

Durante queste feste ci sono vari eventi più o meno folkrlalcolici, sfilate, fiumi di birra, gente in costume tradizionale, gente in costumi improponibili e vergognosi, strade chiuse al traffico, monnezza che si moltiplica, schiamazzi, comi etilici, e insomma, spagnolitudine a più non posso.

Così ho portato mamma e papà subito subito a mangiare a una delle barracas, che sono una specie di trattorie-osteriae all'aperto, montate in occasione delle feste, dalle diverse peñas huertanas della città (associazioni folkloriche-gastronomiche) e che durante le feste servono piatti della cucina tradizionale ... 

assicurandomi previamente che ci fosse qualcosa di vegano: paella di verdure, peperonata, patate al forno, ensalada de pimientos, insomma, di fame non sono morta.


Poi nei successivi due giorni eccoci testimoni del Testamento e del Entierro (Tumulazione) de la Sardina.

Queste feste simboleggiano la vittoria di Don Carnevale su Doña Quaresima, e come in tante altre parti d'Europa sono le feste scacciainverno (anche se qua non esiste),  pagane, mitologiche, del fuoco.
E i nembo kids di cui sopra, e i tizi vestiti a righe sono appunto i membri dei gruppi Sardineros:
da Apolo a Morfeo, da Neptuno a Saturno, questi gruppi movimentano la città con sfilate carnevalesche, rumorose, ludiche, disordinate.

Noi abbiamo assistito a parte della lunghissima sfilata che portava la povera sardina a leggere il suo pubblico testamento, e alla sfilate finale che si conclude con una pira su cui la Sardinona di cartapesta viene data alle fiamme e scattano i fuochi artificiali. 

Io avevo già vissuto queste feste precedentemente, ma è sempre un'assurda sorpresa vedere sardineros coi cappucci appuntiti e le fiaccole infuocate, nonnette ballerine addobbate di piume, donnine inguainate in calze contenitive che sballonzolano panzette come se non ci fosse un domani, uomini che tracannano birra e sbarellano dietro occhialoni al neon, puffi, peppe pig, supermario, ballerine di flamenco, mercedes, camioni pubblicitari di risolviamo il tuo problema con le emorroidi, streghe, saltimbanchi, trampolieri, nanetti, e chi più ne ha più ne metta.




Io e Margherita tra l'esterrefatto e il ma 'ndo viviamo, oddio guarda quella che coscie, andiamo a acchiappa un pallone, anvedi quello, anvedi quell'altro, fuggiamo, rimaniamo, e una serie di atroci commenti possibili solo perché nessuno ci capisce.

I miei genitori invece, intossicati dall'adrenalina festiva, dall'odore di fiori d'arancio e di birra, presi nel vortice degli spagnoli mangiasemidigirasole, e cullati dalla calca, ecco, si sono integrati benissimo.
L'anno prossimo me li vedo ad aprire loro la sfilata, Nembo Kid e donna piumata.

24.4.14

Lituania 5: Trakai + una buona azione

Fino all'ultimissimo giorno il nostro viaggio è stato improvvisazione e decisioni last minute.
C'è da tornare da Vilnius a Kaunas e allora lì nel mezzo, in quei 100km scarsi, che ci sarà da vedere?

Incredibilmente una rapida occhiata alla guida ci rivela che ancora una volta abbiamo avuto una gran botta di cul fortuna e che fra le due città c'è Trakų salos pilis, un castello che si trova in un parco naturale su un'isoletta in mezzo al lago Galvė, uno dei 200 laghi della regione. 

Se il nostro viaggio è stato caratterizzato da qualcosa, questo qualcosa sono stati decisamente i laghi e i boschi, che abbiamo attraversato da sud a nord e da est a ovest. Azzurro che spunta dal verde, celeste che circonda il verde. Cielo, alberi, acqua. Ci si scorda un po' che esistono città immense là fuori da questi confini, e si finisce per pensare che il mondo sono casette di legno colorate, panni stesi ad asciugare al vento, una volpe sul ciglio della strada, papere che migrano chissà dove, corvi a caccia di pranzetti, cicogne.

Ci svegliamo infine un po' più tardi, fuori splende il sole e la pioggia preannunciata non arriva, le giacche finiscono nel portabagagli ed eccoci di nuovo in marcia, con le macchie di 8 giorni addosso, alla ricerca del castello perduto.

A 30 km da Vilnius, Trakai è una delle mete più turistiche della Lituania, ma come durante tutto il viaggio in giro di gente ce n'è poca. Rifuggiamo un gruppone di italiani che urlano nel cortile del castello, e gironzoliamo per le stanze e le sale, e su e giù per scale e ballatoi, gettiamo una monetina nel pozzo dei desideri, ammiriamo collezione di oggetti disparati, e poi quando comincio a perdere l'orientamento ce ne andiamo in riva al lago dove rimarrei volentieri a farmi un riposino sull'erba o su un pontile.


 

Ne approfittiamo invece per fare un picnic con i resti delle cibarie che ci hanno accompagnato per tutto il viaggio, mettere i piedi a mollo mentre panzuti uomini di mezza età si gettano di testa nell'acqua gelida e poi arriva il momento di ripassare velocemente per Kaunas città, un caffè veloce veloce, un giretto con il sole, e via all'aeroporto.

La nostra avventura si conclude con un pay it forward, a ripagare il karma di queste belle giornate concesseci. Per tutto il viaggio abbiamo pensato che volevamo fare una buona azione e raccattare qualche autostoppista, ma poi li vedevamo o quando era troppo tardi o quando praticamente eravamo arrivati alla nostra meta.
E allora decidiamo di fare qualcosa di più.

Una coppietta di lituani, diretti anche loro in Spagna, ci chiedono informazioni su come arrivare a Granada da Alicante. Hanno guardato gli orari dei pullman e si sono resi conto che l'unica possibilità è aspettare all'aeroporto, passandoci la notte, e prendere un pullman la mattina successiva da Murcia, perché in Spagna i collegamenti a volte sono davvero un caos.

Allora gli offriamo di portarli noi a Murcia in macchina, perché la nostra è parcheggiata in aeroporto.
Ma questa offerta sposterebbe solo di qualche decina di chilometri la loro notte all'adiaccio.
Ci guardiamo e lo propongo: potete stare da noi questa notte, che intanto abbiamo spazio e letti in più.

Lei, che studia gli algoritmi ricavati dal volo degli uccelli per applicarli all'informatica, e lui, che fotografa tutti i fiumi che gli capitano a tiro, ci guardano un po' sorpresi e un po' titubanti, e poi accettano.
Io penso che in tutti i miei viaggi, anche se non ricordo precisamente i dettagli, c'è sempre stato qualcuno che mi ha aiutata gratuitamente, che mi ha risolto un problemone, che con un sorriso gentile ha avuto il potere di cambiare la mia giornata.

Ora a cambiare la loro giornata, o meglio, la loro nottata, è il nostro turno, e come l'abbraccio spontaneo che una signora ci aveva dato il nostro primo giorno in Lituania, questo è il nostro modo di dare loro il benvenuto in Spagna, ed è il nostro bentornati a casa.

20.4.14

Lettonia 2: campo di concentramento di Salaspils

Devo ammetterlo: tempo dedicato all'organizzazione/pianificazione di questo viaggio tendente allo 0.
Troppo occupati prima di queste vacanze, un'occhiata rapida a google maps, ostelli prenotati veloce veloce e che San Cristoforo ce la mandi buona.

Così sappiamo che per tornare all'aeroporto di Kaunas passando per Vilnius, dobbiamo scendere pressoché a ritroso, e quanti km saranno mai? Tanti, ma ce ne preoccupiamo solo la sera prima, e allora dove ci si ferma? Perché almeno due tappe toccherà farle, Alberto ha 1500km sul groppone, menomale che non si lamenta mai.

E così sui soliti fogli stracciati dalla guida dell'Europa dell'Est del 2001, leggendo cosa c'è nei dintorni di Riga perché da lì dobbiamo ripassare, viene fuori il nome di Salaspils, e del suo campo di concentramento e mi vergogno, perché non lo sapevo che i lager avevano flagellato anche questa parte d'Europa.

Salaspils si trova a pochi km dalla capitale, e noi ci arriviamo perdendoci, attraversando un cimitero, e all'entrata c'è un anziano seduto, e ci guarda, turisti spensierati, e dai suoi occhi lo so che questo sarà un giorno di viaggio diverso, di quelli che all'improvviso stai in silenzio, e vuoi un momento da solo, e ti rendi conto della fortuna che hai, a passeggiare per quello che ora è un parco e che 70 anni fa era un luogo di morte.

Salaspils fu uno dei principali campi di concentramento in territorio sovietico. 
Il campo venne costruito nel 1941, per deportarvi gli ebrei tedeschi. Poi trasformato in un campo di lavoro, dove malattie, fatica, freddo uccisero ebrei tedeschi, olandesi, cecoslovacchi, francesi, belgi.
E poi oppositori politici, dissidenti, stranieri considerati sospetti. Tantissimi bambini.

La scritta all'entrata ricorda che al di là di quella soglia la terra geme.

Oggi delle baracche dell'epoca non resta nulla. 
Solo blocchi di pietra a ricordare dov'erano, giocattoli e pupazzetti ad adornare quelle dei bambini.
Un metronomo pulsa incessantemente come un cuore e colpisce come un pugno.

E quattro statue giganti: la Maternità, l'Umiliato, la Solidarietà, l'Integro.



E non c'è proprio altro da dire.

Lituania 3: Kryziu Kalnas

L'ultima parte del viaggio sono chilometri extra, ma ormai ci siamo abituati.
Il navigatore ci manda di qua e di là, non ama le strade principali, decide di farci passare davanti a tutti i cimiteri, che sono pieni di gente, è Sabato Santo e, senza averlo pianificato, anche noi lo viviamo in tema.

Ho letto sulla guida - e anche un collega me ne ha parlato - di Kryziu Kalnas, la collina delle croci http://www.hillofcrosses.com e abbiamo deciso di fare qualche decina di km in più per visitarla.

Sappiamo che è a 12-14 km a nord-ovest della città di Siauliai, così guardiamo a destra scendendo a sud e immaginiamo croci che in realtà sono alberi.
Io penso a una collina collina alta alta, che si veda da lontano. Siamo in viaggio da 10 ore e la stanchezza si fa sentire, Margherita scorge delle croci da lontano e no, non può essere, ci sono poche croci, mi avevano detto collina, e che le croci parlavano con il vento.

Poi ci avviciniamo e capisco.
Ce ne sono centinaia, migliaia.

Croci grandi e monumentali, fra cui una lasciata da Giovanni Paolo II nel 1993, croci piccole, rosari, croci di legno, di pietra, di plastica, fatte con due matite e con due cerotti, anonime, colorate, con iscrizioni, statue, foto, quadri, immagini.

50000 negli anni '90, 100.000 nel 2006, sarebbe impossibile contarle, nascono le une dalle altre, consumate dal sole, dalla pioggia, dalla neve, si tengono in piedi reciprocamente, e quando il vento soffia parlano fra loro e con chi passa.


L'origine di questo fenomeno è incerta, ma si crede che la prima croce fu piantata sulla collinetta di Jurgaičiai dopo la rivolta di Novembre (1830-1831) contro il dominio dell'Impero Russo in Lituania e Polonia: le famiglie dei caduti che non potevano dare sepoltura ai corpi dei ribelli uccisi, cominciarono a portare croci su questa collinetta.


Durante gli anni dell'indipendenza lituana, dal 1918 al 1944, alla collina delle Croci i lituani si recavano in pellegrinaggio per pregare per la pace, per la patria e per i caduti durante le guerre di indipendenza.

Durante la successiva occupazione sovietica, che durò fino al 1990, la collina e le sue croci si trasformarono anche in un luogo e simbolo di identità culturale e religiosa, di resistenza pacifica.
I sovietici rimuovevano le croci, addirittura coi bulldozers, e pianificavano di allagare la zona costruendo una diga. E i lituani continuavano e a portare croci e lo fanno ancora oggi, insieme a decine e centinaia di pellegrini di tutto il mondo.


Anche se non si è cattolici, anche se non si è religiosi, non si può fare a meno di sentire l'energia di questo posto, pieno di speranze, di ricordi, di fede, di amore e nostalgia per chi non c'è più.
Penso alle mie nonne, penso a zia Fernanda.
Sento i passi, una preghiera mormorata, vedo le mani che depongono una croce.

Al di là delle religioni, al di là dei simboli.

17.4.14

Lituania 2: Klaipeda, Raganu Kalnas, Nida

Non mi ricordo come e dove ho letto della collina delle streghe, forse su internet, forse sulla mia guida dell'Europa dell'Est comprata nel 2001, quando volevo fare un viaggio post-laurea e poi mi ero scassata un ginocchio.

Fatto sta che le parole sculture di legno, folletti, gnomi, streghe, parco, avevano attratto la mia attenzione.
Ma questo viaggio c'è stato proprio zero tempo per pianificarlo, quindi un'occhiata veloce e l'ostello prenotato a Klaipeda, che non è un'isola greca, ma un posto che tocca attraversare boschi a destra e a sinistra e cielo nero per arrivarci.


Ed eccoci all'ostello che da fuori sembra un'altra casa degli orrori, dentro invece è accogliente e calduccio e ci ammalia e perdiamo tempo pranzando, e poi ci fidiamo di quello che ci dicono alla reception e arriviamo al porto con 1 minuto di ritardo, e perdiamo il traghetto.

Sì, perché, quello che vogliamo vedere, http://www.visitlithuania.net/index.php/places-to-visit/95-seaside/186-raganu-kalnas-hill-of-witches, sta su un isolotto, e ci si arriva in 5 minuti, ma quando infine sbarchiamo scopriamo che ad aprile ci sono zero turisti e quindi praticamente zero autobus per arrivare dove vogliamo andare.

Cerchiamo di comunicare con l'autista dell'unico autobus, che però parla solo tedesco. Pare che un autobus parta alle 4 e torni alle 8, e io mi immagino di perderlo e di dover rimanere di notte nella foresta. Meglio di no, ci torniamo domani allora, con la nostra macchina, intanto oggi passeggiamo nel bosco e ce ne torniamo a Klaipeda e al suo porto industriale un po' molto delusi.


Poi però anche a Klaipeda troviamo un parco con un sacco di sculture (di pietra) e qualcosina per cena, e allora decidiamo di andare a letto presto e di svegliarci all'alba, prendere il primo traghetto e eccoci qua, a Joudkrantes, che infine eccolo ciò che mi aspettavo:

mare che brilla, vento fresco, silenzio, casette di legno, vite nascoste dietro tendine leggere, cielo azzurro, lungomare che ci guida fino al parco.


E ci ritroviamo in un mondo incantato. E da subito so che di aspettare un giorno e fare 250km extra per vedere anche solo questo ne è valsa la pena. 



Qui ci aspettano circa 80 statue di legno, di una collezione iniziata nel 1979, ed in continua crescita, ad opera di 49 intagliatori guidati dallo scultore Šarapovas e dell'architetto Nasvytis, che hanno progettato la collina delle streghe ispirandosi ai temi della celebrazione di Joninés, il Festival di San Giovanni, celebrata il 24 giugno in tutto il Paese. 

Le statue rappresentano personaggi del folklore lituano e delle più antiche tradizioni pagane, eroi e cavalieri, creature ultraterrene: si gioca a carte con la strega e il diavolo, si nascondono monetine negli intagli del legno, si attraversa la porta dell'inferno, si accarezza un drago.

Le statue sono tutte ben curate e conservate, i sentieri puliti e silenziosi. Venirci ad aprile è perfetto, la collina è tutta per noi e per Lucifero, demoni e fantasmi. L'ingresso è gratuito, non c'è cancello a chiudere il parco collina, anche se dubito che qualcuno ci si voglia avventurare di notte.
Io ci rimarrei un giorno intero, o magari anche un mese, ad imparare ad intagliare il legno, su questa isola che non è, ma la strada ci aspetta, un picnic a Nida, piedi a mollo nel Baltico, un quasi sconfinamento in Russia e via, verso un altro Paese.










16.4.14

Lituania 1: Kaunas

Siamo on the road e arrivo di sera con il cervello congelato dalle temperature di queste parti, e insomma, scriverò per puntate/Paesi.

Perché abbiamo scelto questa/e meta/e?
Perché zio Ryan(air) ci porta diretti diretti a Kaunas, che fino a un mese fa non lo sapevamo neppure dove fosse, e ora invece della Lituania sappiamo che:

- i lituani lavorano un sacco, ce lo dice orgoglioso il padrone del nostro modernissimo e pulitissimo ostello, e i supermercati sono aperti tutti i giorni fino alle 23. Continueranno così quando arriverà l'euro?

- le lituane c'hanno i capelli lunghissimi e liscissimi, e la città è piena di dentisti. Gnoccatravel. Ora capisco.

- i lituani si sorprendono a vedere il nostro coinquilino Alberto in maniche corte a 5º. E allora una signora di mezza età, tutta bella incappottata si avvicina, gli palpa un avambraccio e gli dice qualcosa in lituano, della serie, ma non te stai a gelà bello de nonna? E poi se lo abbraccia, pace e bene, e abbraccia pure me e Marghe, e se ne va felice per la sua strada.

- domenica era domenica delle palme, ma la gente che usciva dalla chiesa (cattolica, che in LT sono cattolici) non portava rametti di olivo come in Italia, o ramoni di palma, come in Spagna. No, qua avevano rametti di un po' di tutto, fiorellini vari, e poi fuori dalle chiese vendevano queste cose qui ...
Funghi marshmallow? Fuochi d'artificio casalinghi? Saggina? Chi lo sa che ci illumini.


- Internet in Lithuania è il più veloce d'Europa. C'è internet aggratise su tutto il lungo viale pedonale che porta dal nostro ostello e da questa chiesa qua sotto al centrocentro.




- A Kaunas gli unici turisti siamo noi, e ci riconoscono tutti perché siamo gli unici che facciamo foto (anche idiote) su foto e selfies su selfies.


- A Kaunas comincia la tragedia di fare la spesa al supermercato, importunando molestamente chiunque ci risponda: do you speak English? YES, per farci tradurre gli ingredienti di pane, biscotti, e cibi non ben identificati ed assicurarci che siano vegani. Certo, non ci immaginiamo che la maggior parte del pane sa di finocchio, che però non compare fra gli ingredienti, sarà dunque comino lituano? Boh! 

- a Kaunas ci sono le case di legno che secondo me ci vengono a girà i film dell'orrore.


- a Kaunas piove, ma la gente fiduciosa stende fuori i panni e lascia i giocattoli in giardino. E poi ci sono le porte misteriose, che mi ricordano tanto il telefilm Being Erika, che se non l'avete visto vedetevelo!


- A Kaunas ci sono un sacco di palazzi ex-sovietici, cadenti, scrostati, e viene fuori tutto il mio amore per la urban decadence, ma di quella non ho foto, perché tutte queste qua sopra le ho rubate a Dolcevita, che io c'ho la macchinetta, mica il supertelefono ganzo.









6.4.14

Gita culinaria 2: Elche + Alicante


Perché almeno 1 volta al mese bisogna evadere, oggi ce ne siamo andati ad Elche (http://it.wikipedia.org/wiki/Elche), con la scusa della gita culinaria.

A Elche ci passo sempre con il pullman da Valencia a Murcia, ma non mi ci sono mai fermata. 
È una città famosa per il suo palmeral, il palmeto dichiarato patrimonio mondiale dall'Unesco ma io lo associo alle prostitute di colore che fanno capolino fra le palme, e sembra di essere ad altre latitudini.

Ora però so che alcune di queste palme hanno più di cent'anni, e che solo le palme femmine fanno i datteri, e allora portano la panciera di metallo, che non è per mantenerle dritte, ma per evitare che ci salgano su i toponi, e facciano il nido in cima. I palmi maschi invece ondeggiano le chiome al vento, e il mare non c'è, ma quasi quasi lo vedi.

Noi soliti vegani siamo qui per provare il Vegetapa (calle Fossar, 20, en Ell Raval, https://www.facebook.com/Vegetapa), che ci saremmo dovuti andare il fine settimana scorso, ma eravamo tutti mezzi morti.



Mentre all'altro capo della tavola si dibatte di specismo, veganismo e politica, dal nostro lato si mangia, che i cervelli sono esauriti dopo una settimana di lezioni.
Prima patè di olive e tirabeques crudi, e per ricordarmi il nome penso ai tirabaci, ma in realtà sono taccole, o piselli mangiatutto, perché come dice il nome si mangia pure la buccia.

Poi i calçots, e pure qua per ricordarmi il nome penso alle calzette, ma sono una specie di cipollone mocho-vileda che si mangiano in Catalogna, e per chi preferisce c'è il passato di non-mi-ricordo-che, molto buono. Il piatto forte è la paella, e poi un assaggio di salamella vegetale. Per finire budino al cioccolato, o arroz con leche.

Io divoro tutto, che da quando nonna Marcella non c'è più il suo stomaco l'ho ereditato io.

David si sorprende sempre e mi ribattezza Poti Poti, perché gli ricordo un personaggio di un programma per bambini degli anni '80, un drago mangiafiori, che pensava solo a scofanare, e combatteva i nemici dandogli delle belle capocciate. Sì, sono proprio io, non c'è dubbio!


David invece, vegano da 14 anni, pare uscito da Matrix, a metterti di fronte alla terribile scelta:
salamella vegana o morte!


Per digerire passeggiamo per Elche, e mi faccio infilzare da una palma.
Saranno velenose?


Gira che ti rigira ci viene un po' di fame, e allora perché non fare un salto ad Alicante?
Fra poche settimane vengono mamma e papà in visita e ci fermeremo ad Alicante, quindi ripassiamo per il 3 semillas perché voglio assicurarmi della qualità dei dolcini e dolcetti.


E incredibilmente si è già fatta ora di cena, e ci basta attraversare la strada per essere al Vegan Point.
https://www.facebook.com/pages/Vegan-Point/202162539983870

Minilocalino gestito da due italiani di cui io e Dolcevita fatichiamo a capire l'accento (scommetto che sono piemontesi, e infatti sono di Novara), con Yolanda accalorata per la gnoccagine del cameriere e ammaliata dal seitan affumicato, e tutti noi altri ormai agli sgoccioli delle forze, abbiamo bisogno di provare un po' tutto il menù perché io sarò Poti Poti, ma gli altri non sono da meno.


E così si conclude la nostra seconda escursione culinaria, in un parco nel bel mezzo della città, a giocare al gioco di: fai volare un vegano. Eppure non mi sembra che ci abbiano dato da mangiarefunghi allucinogeni.


A volare non ci riesce nessuno, ma io oggi mi sono pesata, e dopo tutta la magnata di ieri faccio 100g in meno.

Super poteri vegani.