16.11.14

Quando il gioco si fa duro ...

Sarà che a casa mia non siamo molto da giochi da tavolo.
Da piccola avevo il Monopoli e più che un gioco la mia mente PaperondePaperoni lo usava come allenamento per un futuro da risparmiatrice. Credo che vivo in affitto e non mi compro una casa per il trauma delle tasse da pagare su Parco della Vittoria.
Giocavo a dama, e a volte a carte, ma in Spagna quando entravo nei negozi all'inizio non è che mi soffermassi molto a guardare la zona intrattenimento casalingo per i giorni di pioggia (che a Murcia sono tipo 10 all'anno).

Così fino al 2003, cioè 4 anni dopo il mio erasmus in Spagna, non ho scoperto lo sport nazionale spagnolo che si gioca da seduti. Il parchís.




È un gioco talmente famoso che c'era pure un gruppo musicale degli anni '80 che prese questo nome, questo qui



Arrivavo dall'Italia per venire a vivere in Spagna di nuovo dopo un anno in Scozia. Non era un bel periodo, era il momento in cui Murcia, da amore del mio erasmus, si trasformava in vita reale, e sapevo che avrei dovuto cercare un lavoro, farmi amici del posto, prepararmi per l'esame DELE di spagnolo, ambientarmi davvero.

E quale migliore strategia, aveva pensato il ragazzo con cui stavo all'epoca, se non immergerla, fresca fresca di volo dall'Italia, in una bella serata circondata da spagnoli campagnoli de la huerta, a giocare al parchís? E senza pietà, avevano scelto la versione da 6 giocatori invece che quella tradizionale da 4.



Come se questo fosse un gioco internazionale, come se non fosse abbastanza difficile capire quando mi parlavano 5 persone per volta offrendomi generi alimentari a me sconosciuti, quando la mia ora di cena era passata da almeno 3 ore e avevo il cervello in fiamme?

Mangia la pedina, salta, raddoppia, tira i dadi, doppio 6, esci, rientra, a casa

Il parchís io in Italia non lo avevo mai visto (voi?) e poi sono diventata pure una grande giocatrice e fan (inventando anche regole creative per poterci giocare in 2 con la mia amica Cla durante le 24 ore di volo verso l'Australia), però quella sera l'ho odiato.

Perché rappresentava tutto ciò che io non ero, era la prima barriera alla mia integrazione.
Ero circondata da gente che non conoscevo e che invece si conosceva da anni, avevano già giocato mille volte insieme, e io ero il pesce fuor d'acqua. Ero frastornata, stanca, avevo caldo, mi girava la testa.

Credo che per tutti quelli che emigrano c'è un momento in cui dici: cavolo, questa non sarà una passeggiata di salute. Quando infine, dopo aver visto il bello di un Paese, averlo amato più del tuo, aver fatto confronti in cui l'Italia aveva sempre la peggio, arriva il momento in cui capisci che in quel Paese forse ci rimarrai, e che ci sono tantissime cose che non sai e anche alcune che non ti piaceranno.

Il parchís e quella serata sono stati la mia epifania.
Imparare le regole di quel gioco e successivamente diventare la prof. incaricata dei tornei di parchís al campo-scuola dove ho lavorato a Valencia per 3 anni è stato come ottenere infine il visto per questo Paese.
 
Poi ce ne sono stati tanti altri di giochi, di regole da imparare, di malintesi e confusioni.
E infine sono andati scemando, e ora è domenica, è inverno, e come ogni domenica Murcia si trasforma in una città fantasma, perché sono tutti a casa a riprendersi dai bagordi di ieri ...
e allora ci vorrebbe proprio una bella partitina a parchís.

Qua trovate le regole in italiano, ma chissà se i tabelloni si trovano in Italia ... forse dovrei avviare un import-export?

6 comments:

  1. Anche io in Italia non lo conoscevo, ma qui e' conosciuto, come Parcheesi (http://en.wikipedia.org/wiki/Parcheesi)… che quando lo dico, mi viene sempre in mente Eddie Murphy quando, in Shrek 2, dice "Don't you wanna tell me about your trip? Or how about a game of Parcheesi…"
    Comunque anche io ho avuto un momento simile, eravamo con amici di mio marito e giocavamo a Jenga (mai giocato in vita mia) e tutti si scambiavano battute avanti e indietro su argomenti/situazioni/personaggi di cui non sapevo niente, e mi sentivo un assoluto pesce fuor d'acqua… ed e' stato li' che ho realizzato che l'integrazione totale sarebbe avvenuta nel momento in cui avrei accettato di giocare secondo le regole "del gioco", del "loro" gioco: e ho messo da parte il mio "orgoglio" e con umiltà ho iniziato ad imparare, a chiedere aiuto…
    Grazie per avermi fatto tornare in mente un momento che avevo dimenticato. :)

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    1. Per varie persone il momento gioco da tavolo è critico secondo me, ti rendi conto proprio del fattore 'regole', è una metafora di ciò che sarà!

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  2. Ah, ecco, il parcheesi! L'ho trovato in qualche romanzo che ho tradotto, ma con quel nome ero sicura che fosse indiano!

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    1. In Italia non so quanta gente lo conosca, in Spagna spopola!

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  3. Ah, mai sentito! Ora lo cerco...ottimo gioco del giorno del ringraziamento (che non festeggio!!!) :)

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    1. È carino il gioco, e volendo è anche facile farsi un tabellone casalingo!

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