9.3.15

Sconosciuti conosciuti

L'ho detto e lo ripeto.
Amo i libri di inglese che usiamo nei nostri corsi (questi qui).
Son fatti benissimo, quando preparo una lezione e poi leggo i consigli del libro del professore vedo che la maggior parte delle volte danno i consigli che io  ormai dopo anni di lezioni darei a un prof alle prime armi.

Su questi libri di inglese anche io imparo tante cose.
I temi trattati sono interessanti e vari, si nota che dietro c'è un lavorone.
Ci deve essere gente a cui piace l'arte, la letteratura, i dibattiti, i progetti sociali sperimentali.

Uno dei capitoli mi ha fatto conoscere il lavoro della fotografa Susie Rea e il suo progetto Intimate Strangers (eccovelo qui). 

Tutti noi, tutti i giorni, camminiamo per strada, prendiamo l'ascensore, entriamo in un negozio, prendiamo l'autobus, andiamo a lezione, al lavoro e spesso incontriamo le stesse persone. Persone di cui non conosciamo il nome, ma le identifichiamo dopo averle viste magari 3 volte, magari 10. Sono loro, gli intimi sconosciuti.

Qual è il limite, qual è il punto di svolta? Cosa ci porta a salutare per la prima volta o mai? A presentarsi, a volerne sapere di più?

Susie rompe la barriera dell'anonimato, va e si presenta. Gli editori dei libri di inglese che uso hanno deciso di farne un'unità didattica.
Così io faccio vedere le foto degli sconosciuti-conosciuti di Susie, senza dire agli alunni di che si tratta. Giochiamo alle prime impressioni, immaginiamo il nome, la nazionalità, l'età, il lavoro, il carattere, la vita e i sogni di queste persone.

Poi gli parlo del progetto, facciamo un ascolto in cui vengono rivelate le storie degli sconosciuti e si dibatte, pensando a quante volte succede anche a noi, a questi incroci senza parole, magari solo di sguardi quotidiani. A quelle persone che a Murcia conoscono un po' tutti, i famosi poveri o poveri famosi, che stanno sempre allo stesso angolo, magari con un cane, o a suonare uno strumento musicale e a volte qualche programma TV fa uno special su di loro.

 Io da 7 anni faccio a piedi sempre la stessa strada da casa al lavoro.
E non ricordo da quanto tempo vedevo sempre questo signore, prima solo, poi con un cagnolino, prima seduto su una specie di scalino di un negozio, poi lo scalino lo avevano tolto e lui stava in piedi, poi qualcuno gli aveva dato una sedia.
Leggeva, faceva cruciverba, alcune persone si fermavano a parlarci. 
Un giorno avevo sentito il suo nome, Manuel, e da quel giorno mi sembrava di conoscerlo un po' di più. 

Poi settimane fa l'ho visto proprio male. Ingobbito, con la pelle che lasciava capire che non stava bene. Il cagnolino non c'era più. Poi dopo le vacanze di Natale non ho più visto neppure lui. E lo sapevo che qualcosa era successo, perché quell'angoletto di strada era il suo mondo. Alcune cose (dei cartoni, una scatola) sono state ammucchiate lì vicino per un po'. Oggi ci ho guardato e non c'erano più.

Manuel è morto, e oggi quando sono passata su quel pezzo di marciapiede ho pensato che cavolo, l'ho visto per giorni, mesi, anni, e non gli ho mai detto neppure buongiorno.

Non so chi lo ricorderà, non so neppure se avesse famiglia, allora gli dedico questo post, a ricordarmi e ricordare che ogni giorno possiamo fare qualcosa per far stare qualcuno meglio.



















Foto da: http://www.studiooscar.com/docs/project.php?id=0:55:0



8 comments:

  1. Mi dispiace per Manuel e per te che non hai fatto in tempo a dirgli buongiorno.
    Quei libri di testo per tutta la vita anche per me! Sono fatti benissimo anche quelli della primaria.

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    1. Io sono arrabbiata con me stessa per non aver mai trovato il tempo di rivolgergli una parola ... poveraccio.
      Sì, i libri della Oxford sono fantastici, il sogno di ogni prof (a cui piace lavorare ... se uno è uno sfaticato sono un incubo! - a detta di professori che non si preparano le lezioni).

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  2. Qui a SF ci sono tanti senzatetto "invisibili": tutti noi gli passiamo accanto senza neppure riconoscerne l'esistenza. E ci sono diversi progetti fotografici come quello che nomini tu, che cercano di ridare loro visibilità.
    Che bello dev'essere il libro che usi! A me spesso capita di dover usare libri orrendi per insegnare l'italiano (purtroppo non li scelgo io), ed è una vera sofferenza.

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    1. Sì, mi ricordo degli homeless di San Francisco e del loro 'Can you spare any change?'. Ho visto vari progetti fotografici e pratici per ridargli un po' di umanità, chissà se prima o poi qualcosa funzionerà.
      I libri di inglese stanno a mille anni luce da quelli di italiano che sono ancora solo agli inizi. A me piace la grammatica pratica della lingua italiana di Susanna Nocchi e con i livelli iniziali la associavo a Un giorno in Italia.

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  3. Bello questo progetto, io ho il "vizio" di attaccare botto e e con questo sistema ho conosciuto diverse persone straordinarie.
    Voglio consultare questi libri, grazie!

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    1. Brava tu che attacchi bottone! Io lo faccio sempre quando sono aGlsgow, mi sembra così naturale. Qua, saranno i ritmi di vita/lavoro, lo faccio un po' meno.

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  4. Ciao Manuel!
    Me lo sono immaginata...

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    1. Purtroppo anche io quando non l'ho visto più me lo ero immaginato :-(

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