Ci sono libri che ti rimangono impressi, perché la storia ti coinvolge, perché ti rispecchi nei personaggi, perché creano un'atmosfera che è difficile scrollarsi di dosso.
O semplicemente perché li leggi in un periodo o una giornata particolare, su un treno preso al volo, in quell'aeroporto durante una lunghissima attesa, mentre aspetti la metro e poi a casa, senza prendere fiato.
Io La Regenta l'ho letto tanti anni fa, in fila, poi di nuovo a casa, poi di nuovo in fila. Ero ancora in Italia, stavo preparando gli ultimi esami per finire l'università, spagnolo era uno di quelli e quindi questo non era un libro da sfogliare per piacere. Era un obbligo, come andare a votare quel giorno.
Quella era la fila, quella l'attesa. Gente rabbiosa contro un'Italia, che già quel bel po' di anni fa, andava allo scatafascio. La Regenta era con me in piedi fuori dal seggio, con una fila lunga così. Mi pareva che la gente fosse davvero arrabbiata, volesse davvero cambiare le cose, e quel fremito interiore faceva a cazzotti con il libro, lento, desolante, angosciante.
Matrimonio di convenienza, niente figli, tante frustrazioni, solitudine e noia per Ana, la protagonista.
In realtà poi la vera anima del romanzo è Vetusta, la città che fa da sfondo alla silenziosa disperazione della Regenta, con le sue dame ipocrite, l'aristocrazia decadente, il clero corrotto, le pressioni sociali ed ambientali che finiscono per avere la meglio.
Ciò che non ricordavo era che l'autore, Clarìn, dietro il nome Vetusta aveva voluto nascondere - ma neanche troppo - una città spagnola reale, Oviedo. Dove sono finita per caso, guarda la cartina, guarda i pullman e vedi cos'è raggiungibile da Leon, girata ormai in lungo e in largo. C'è Oviedo, nelle Asturie, e per arrivarci si va su per i monti, si passa per tutti i paesini e viene quasi il mal d'auto.
Ci arriviamo e ci sono le cornamuse che suonano e i gruppi folclorici che ballano, e fra quello e il verde mi emoziono, perché mi sento un po' in Scozia. Corri corri, dico, abbiamo tempo solo fino alle 6 di sera, ci sarà tantissimo da vedere.
Poi andiamo all'ufficio del turismo e la signora che ci lavora si sente forse troppo Regenta, frustrata e annoiata, qua non c'è molto da vedere, alcune statue, state qui tutto il giorno? ci manca che faccia un sospirone e ci dica che gli facciamo pena. Ci manda a vedere la statua di Mafalda, che poveraccia non so cosa ci azzecchi con questa città, poi partiamo in esplorazione per il centro.
Giriamo e giriamo ed effettivamente ci sono tante statue, pure belle, ma forse tutte un po' angosciate.
Scusatemi cittadini di Oviedo ed amanti di questa città, io non avevo neppure pregiudizi perché finché la Regenta non l'ho incontrata, davanti alla Cattedrale, mica me lo ricordavo che il libro era ambientato qua.
Forse ero io che avevo la luna storta, forse a quel punto tutti i ricordi e la pesantezza del romanzo hanno pervaso la mia anima, che ne so.
So solo che, se uno non beve il sidro, che si può allegramente tracannare a qualsiasi ora del giorno, Oviedo è proprio il posto giusto per vivere quell'atmosfera di disperazione e lenta agonia che avevo respirato per 1300 pagine. Mi è capitato raramente di voler fuggire da un posto, addirittura Coventry disprezzata da tutti mi è piaciuta.
Ecco, allora mi chiedo, vi è mai successo?
Andare in una città e viverla come fosse un romanzo che ne parla?
No, però di voler fuggire da una città sì. Da Mosca, quando c'ero andata per studiare il russo, tanti anni fa. E ci sono dovuta rimanere per due mesi!
ReplyDeleteE perché?
DeleteA Lisbona ho "respirato" Pessoa...quell'inquietudine accompagna il ricordo malinconico che conservo di quella città.
ReplyDeleteNon ho letto Peseoa e non sono stata a Lisbona, 2 cose da fare!
DeleteNo, non mi è capitato. Però non leggerò quel libro e credo che non andrò ad Oviedo, a meno che non ci passi per caso!!!
ReplyDeleteHaha, ma sicuramente c'ègente a cui è piaciuta tanto la città, io mi ci sono sentita forse intrappolata perché non c'era nessun pullman x fuggire prima, quando avevamo già visto tutto!
DeleteA me è successo il contrario, ovvero Venezia mi è diventata un po' più familiare e piacevole quando ho letto Altai di Wu Ming...
ReplyDeletePiù che altro alcune volte mi è sembrato di vivere in un film, ma in un romanzo non saprei.
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