20.4.15

Il muro di Belfast

Belfast è una di quelle città che secondo me, o  ci vieni apposta perché sei esperto di storia irlandese, o come tutti gli altri ci fai un'escursione di un giorno da Dublino, o magari ti conviene volarci.

Questo era ciò che pensavamo quando abbiamo deciso di cominciare da lì il nostro viaggio irlandese: volo diretto da Alicante, perché no? Qualcosa da vedere ci sarà.

Io non so se con il programma di storia del liceo non ci siamo mai arrivati a quella ferita lacerante d'Europa, succedeva quando non ero nata, ma anche quando vivevo ancora in Italia e leggevo ancora i giornali, eppure chissà perché non ho mai capito il perché di certe canzoni, tipo Zombie o Sunday Bloody Sunday. Che ora le risentissi non canterei, me ne starei in silenzio.

Abbiamo scelto Belfast per caso e per caso ci ha accolte un couchsurfer canadese, Sam, che a Belfast ci vive da 15 anni e che ha vissuto e fotografato e filmato i conflitti e il dolore. E ricorda le macchine date alle fiamme, i bambini a giocare fra le macerie di una città non ricostruita, con la polizia a fare da barriera fra un quartiere e l'altro, e poi chi non c'è più.














E quelle che erano telecamere di controllo in una zona di confine ora sono dipinte e il suo quartiere hanno cercato di rinnovarlo, ma io ho negli occhi altri graffiti e murales che il passato non lo hanno lasciato andare.
E che parlano di morti innocenti, di madri piangenti, e di armi, di fame, di povertà.


Non sono qui per fare una lezione di storia, non ne so abbastanza, anche se durante e dopo il viaggio ne ho letto parecchio, a colmare un vuoto che mi faceva sentire quasi colpevole. Soprattutto dopo la frase di un anziano, che ci ha fermate quando eravamo in una zona (cattolica) e dopo averci spiegato il significato di murales e bandiere, ci ha ricordato cosa significasse la bandiera dell'Irlanda.

Il verde i cattolici.
L'arancione i protestanti.
Il bianco la pace.
Che non c'è mai stata.

E noi ingenue che cercavamo il muro della pace, e ci immaginavamo un muretto, con qualche altro graffito, ma magari di quelli più belli, meno violenti, meno difficili da digerire.

Bocciata in storia, bocciata in conoscenza del mondo.
Pensi a un muro e immagini quello di Berlino, o pensi alla Palestina. Magari al Messico, o alle barriere nelle spagnolissime Ceuta e Melilla in Marocco.

Come se il mondo finisse là.
Poi cammini cammini e i murales diventano sempre più cupi, sempre più politicizzati, sempre più grida sul cemento.



Cammini e cammini e non c'è nessuno per strada, e pioviccica e fa quel freddo che ti entra nei polmoni e ti affatica la respirazione.

Cammini e cammini, perché non ti quadrano le indicazioni della cartina che dice che il muro è più in là. E alla fine giri un angolo ed è come un pugno nello stomaco.
 E ti vengono le lacrime agli occhi, come ce le ho di nuovo ora, a pensare alla violenza e alla stupidità degli uomini.

Altro che muretto di pace, il muro è un muro, alto, metallico, tutto intero. Freddo. Anche se sta uscendo il sole.
Pensi a quanto poco sai, a quanto dolore ci deve essere stato.
A quante persone sono morte in quello stesso tratto di strada.


Il silenzio è irreale, ti senti minacciata, ti senti in pericolo dentro.

Come se fossi stata nascosta tu, dietro un muro, a fare la turista e a prenderti la pioggia in una città che lo vedi nella tristezza degli occhi della gente e in quel grigio che ci metterà ancora chissà quanto a riprendersi.

9 comments:

  1. Eh, sì, è una storia che bisogna ricordare. Per fortuna è molto ben documentata. A proposito, hai visto Nel nome del padre? Bellissimo film.

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    1. Visto quando è uscito, mica mi ricordavo parlasse di questo tema, lo rivedrò!

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  2. E' davvero straziante. Ho visto dei film...ma il silenzio che avvolge questa parte di storia e' vergognoso.

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    1. Riflettevo sul fatto che a lezione di storia MAI e poi mai nessun professore mi abbia mai fatto pensare che le guerre NON erano necessarie, anzi al contrario, si da sempre per scontato che siano 'una cosa della vita', che succedono e basta!

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  3. A scuola per tanti motivi non si parla molto di storia contemporanea... da un certo punto di vista lo capisco - i professori cercano di mettersi al riparo da polemiche dei genitori. D'altro canto penso che a molti di noi (me compresa) quella formazione manchi tantissimo...

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    1. Io mi sono sentita ignorantissima! Menomale che posso viaggiare per rimediare!

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  4. Ne hai colto l'essenza, dovrebbero pubblicartelo su una rivista di viaggi.

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  5. Non conosco la storia di Belfast,ma mi hai fatto venire la curiosità di documentarmi,quindi..grazie! E' sempre bello imparare cose nuove!

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    1. Se mai pensi di andare a Belfast fammelo sapere, ti metto in contatto con il couchsurfer che ci ha ospitate che sa tantissimo di storia.

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