Sto scrivendo mentalmente questo post da giorni.
Da giugno in realtà, quando sono venuta a trovarti a casa e, mentre eravamo davanti alla tv, mi hai detto:
- Sono stanca.
E io credevo che eri stanca di vedere don Matteo in TV e volevi metterti sul letto e invece tu mi hai detto: no, sono stanca di vivere così.
Ho sceso le scale del tuo palazzo per tornare a casa e ho pianto già, come piango ora dopo aver trattenuto le lacrime per un giorno intero ieri, quando mamma mi ha detto che non ci saresti arrivata fino a sera.
Ho pianto su quelle scale e ho urlato in silenzio contro quelle gambe rotte e quell'alzheimer che ti aveva cominciato a portare via un po' di anni fa e che quel giorno avevamo combattuto insieme, guardandoci gli album di foto di quando ero piccola e ogni persona e posto che riconoscevi era una vittoria.
E pure che non ti alzavi più da sola, e pure che i nostri ruoli si erano invertiti ed ero io quella che doveva tirarti su - nonna, attaccati forte al mio collo - e metterti al letto, io non ci volevo pensare, e cercavo di farti parlare e ricordare, e mi avevi raccontato di tua madre, e di tuo padre e di tuo marito, mio nonno, e di come vi eravate conosciuti. E della guerra, della fame, di amici, di vicini, di ciò che eri stata quando avevi la mia età.
Flashback disordinati di una vita che confondevi un po' con l'oggi e che forse ti aiutavano a passare quelle giornate immobili che a una come te, abituata a prendere e uscire, dovevano pesare come un macigno.
Ho pianto su quelle scale ricordando quante volte le avevamo salite insieme, al ritorno da scuola, con quelle 300 lire di pizza rossa prima di pranzo, e il numero di farfalle o rigatoni mangiati contati e comunicati ai miei, o tutti quei giorni passati a casa tua, con te che pulivi, nemica di ogni granellino di polvere e io che disegnavo o giocavo con viti, bulloni e cacciaviti, perché non mi portavo giocattoli appresso e l'armadietto degli attrezzi era il mio regno e la bilancia coi pesetti della cucina la mia matematica quotidiana.
Che tu eri di poche parole e pochi complimenti, e se c'era da dire che uno era ingrassato glielo dicevi e mi hai sorpreso a agosto all'ospedale, dicendomi bella di nonna e quanto sei dimagrita, che bella di nonna non me lo avevi detto mai, perché lo dicevi solo a Aika, la cana.
E mi convinco sempre più che quando un pezzo della nostra famiglia e della nostra vita ci abbandona, all'improvviso cominciamo a fare cose e ad avere abitudini di chi va che prima non avevamo.
È da qualche mese che mangio peperoni come fossero lattughina, e prima non mi ci potevo neppure avvicinare, era emicrania assicurata. Non li potevi più mangiare tu, ed ecco che il mio stomaco ha cominciato a desiderarli, cotti, crudi, a chili, come te li mangiavi te, con il tuo stomaco che dicevamo fosse di amianto, perché non ti faceva mai male niente, come a me ora.
E ti pensavo negli ultimi mesi, ogni volta che dopo colazione ne facevo una seconda e a mezzogiorno mi brontolava lo stomaco già e quando, nonostante tutte queste mangiate non ingrasso più mi ricorderò di te, che ti sedevi a tavola quasi fosse una missione e che ogni volta che ti dicevo non me l'hai preparata la fettina panata? ti ricordavi che ero vegetariana e poi vegana e mi dicevi ma tu mica la mangi più.
E tutto l'anno scorso, quando tu non potevi più pulire e rassettare, io nella mia casa a chilometri e chilometri di distanza mi svegliavo all'alba, come te, e pulivo e pulivo e mi ricordavo di quei giorni in cui ti arrampicavi spericolata su per la scala per staccare le tende o spolverare su in cima alla pendola.
Il tuo alzheimer ha risparmiato i nostri ricordi condivisi, forse per la lontananza, forse per la vicinanza, perché in fondo ti vedevo tutte le volte che venivo a Roma, - nonna, sei a casa? Allora passo - e tu mi chiedevi ma allora i contributi te li hanno pagati? e te lo ricordavi, eppure le storie incasinate del mio lavoro mica erano facili da capire.
Perché lo so che mi hai raccontato cose che non raccontavi a tutti, forse perché nessuno te le aveva mai chieste e a te piaceva parlare ma non raccontarti.
Io e te, nonna, zitte zitte, senza dirci troppe parole, ne abbiamo fatta tanta di strada insieme e ora mi toccherà affrontare il dolore di tornare su per quelle scale da sola, mentre tu starai spolverando e passando la varicchina per tutto il cielo.
Cara, dolce Cecilia,
ReplyDeleteMi dispiace profondamente...ti mando un grande abbraccio, e preghero' per la tua cara nonna.
Grazie Tina.
Deletela settimana scorsa sono volata da mia nonna che doveva essere operata. Anche io sono lontana, ed anche lei ha la memoria che scricchiola e traballa. E' andato tutto bene, ma ci tenevo a scrivere che ti capisco, ed anche se non ci conosciamo e capito qui per caso, ti mando un abbraccio.
ReplyDeleteRicambio l'abbraccio!
DeleteCara Cecilia,
ReplyDeleteti abbraccio forte. Sì, farai sempre più cose che ti ricorderanno la nonna Marcella, e lei sarà sempre con te.
Ti mancherà ma sorriderai un po' per i vostri ricordi. E sarai triste e felice allo stesso tempo.
Grazie Mary, è vero, triste e felice contemporaneamente.
DeleteEcco forse dovevo tenermi struccata oggi perché ora piango e viene tutto giù. Le nonne sono meravigliose e per sempre, anche quando non ci sono più. La tua era speciale.
ReplyDeleteOra faccio io la nonna delke mie giovani coinquiline.
DeleteCara Cecilia,
ReplyDeleteè molto commovente leggere le tue righe. Mi dispiace tanto e ti mando un grande abbraccio dalla Germania!
Grazie Julia.
DeleteMi dispiace Cecilia, sono dolori grandi. Con il tempo si assopiscono, ma non se ne vanno mai del tutto, perché, senza di loro, ci sentiamo così soli, a volte... ma anche così grati di averli avuti vicini.
ReplyDeleteNon si dimentica, è vero, e il dolore è sempre un po' presente.
DeleteUn ricordo dolcissimo e toccante...di sicuro nonna Marcella sta sorridendo, leggendo le tue parole. Un abbraccio forte.
ReplyDeleteLei era di pochi sorrisi, ma avevamo il nostro linguaggio speciale.
DeleteSai ho aspettato da giorni di avere il tempo di sedermi a leggere questo post senza essere interrotta da pianti o richieste nanesche, perche' dal titolo avevo capito...che sarebbe stato toccante.
ReplyDeleteChe bellissima vita, tua nonna, e che bellissima nipote tu, chissa' com'era contenta che viaggiavi tanto e approfittavi delle tue gambe mentre lei non poteva piu'. A me i nonni sono mancati, quelli che erano vivi non gliene interessava di fare i nonni e sono molto felice che le mie figlie possano provare questo amore nella loro vita.
Anche io giocavo con quel che trovavo in giro, gioco o vero, e non mi sono mai fatta male, pur non essendoci ai tempi la commissione europea a mettere un bollino su ogni giochino :-)